Nadia - Noi e Lei

Due bicchierini

Redazione

lbaldini

Ho conosciuto Nadia attraverso Arcoiris venti anni fa. Abbiamo condiviso la camera almeno un paio di volte nei primi anni dell’associazione, una volta ad Anagni in un buio novembre e un’altra in un posto dimenticabile e dimenticato fra Umbria e Marche. Ricordo che cambiammo camera perché la nostra aveva la doccia rotta e la Presidente fece valere subito la sua garbata ma inflessibile autorità. Ricordo anche, lo notammo la mattina successiva, che davanti all’albergo c’era una vasca nella quale, invece dei soliti pesci rossi, c’erano trote e una galleggiava morta…e la sera prima a cena ci avevano dato tagliatelle al sugo di trota. Ma in così allegra brigata anche quello fu un motivo di divertimento.

Sulla mia libreria c’è una foto di gruppo della prima escursione in costiera amalfitana: ci sono tanti che non partecipano più alle nostre escursioni, ci sono i figli di Massimo e Caterina, allora poco più che bambini, c’è Franco, con gli occhiali da sole anche se era nuvoloso, c’è Nadia proprio davanti a me e io le tengo una mano sulla spalla.

Ho altri ricordi, come la bella festa per i suoi cinquant’anni, nel 2004, quando ci volle tutti con sé su un barcone sul Tevere. Io, che non amo cucinare, per Nadia mi cimentai in una parmigiana di melanzane e una teglia di patate arraganate. Grande successo di pubblico e di critica. La parmigiana, però, non l’ho più preparata.

Ho conservato sul telefonino i brevi affettuosi messaggi che ci siamo scambiate durante i suoi ultimi giorni all’ospedale di Vasto, che testimoniano quanto riuscisse ad essere sempre attenta ed affettuosa con tutti, anche se si sentiva “tanto stanca”. Ma di questo ricordo sono gelosa.

Voglio, invece, condividere il ricordo di una cena di molti anni fa.

Era nel periodo natalizio e Nadia mi invitò a casa sua. Mi faceva piacere essere considerata fra le sue amiche, come Caterina e Lucilla, che erano le altre invitate e che erano le amiche di sempre. C’era anche Carmela, che allora viveva presso di Nadia. Una cena tutta al femminile.

Non ricordo che cosa mangiammo né cosa portai, forse una pianta. Ricordo, della sua casa, tanti libri e un arredamento non banale ma di cose scelte man mano nel tempo. E ricordo perfettamente che uno dei temi di conversazione – io, da timida quale sono, più che altro ascoltavo –era la condizione femminile nella storia e nel mondo. E la conclusione della chiacchierata fu: “siamo fortunate ad essere nate donne nel mondo occidentale, nel ventesimo secolo, con il diritto di voto, in un paese senza guerre e nel benessere economico”. Ancora adesso, che il benessere economico un po’ vacilla e che gli scandali sessuali hanno guadagnato le prime pagine in tutto il mondo occidentale sollevando dubbi sull’acquisita parità, mi viene talvolta in mente quella rassicurante e responsabilizzante riflessione. Più tardi ho imparato a conoscere quanto Nadia desse sostanza a quella consapevolezza, impegnata in tante attività volte ad estendere agli altri la nostra accidentale fortuna.

Ricordo anche le posate con cui cenammo, quelle in ottone con il manico d’argento di cui tutte le coppie di sposi degli anni Cinquanta hanno almeno un servizio di forchettine. Forse dei suoi genitori, forse acquistate in un mercatino natalizio di beneficenza, di quelli cui Nadia non mancava mai.

E da un mercatino di Natale proveniva la sorpresa, a fine cena,di un regalo per ciascuna di noi. Nel mio pacchettino due bicchierini da liquore, antichi come le posate, con un giro dorato e una fascia delicatamente colorata, uno di verde l’altro di rosa.

Marina Marotta

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