Nadia - Noi e Lei

Un ricordo lontano

Redazione

lbaldini

Laura

Un ricordo lontano. Erano le domeniche di austerity, si andava in treno a visitare i nonni a Marino. Insolito era ritrovarsi a parlare nel vagone, lontano dallo sguardo dei grandi. Nelle conversazioni i nostri mondi diversi si sfioravano, si intrecciavano: le incomprensioni con i genitori, le prime esperienze affettive, il femminismo. Nadia ti invitava a parlare. Ma alla fine aveva questa capacità di lasciarti qualcosa, qualcosa di estraneo al tuo modo di essere: un’impronta delicata ed indelebile soffiata nelle sue parole accanto al rumore sferragliante del treno.

Un ricordo famigliare. Nadia che partecipa alle nostre riunioni famigliari nelle ricorrenze importanti. Veniva forse, anche, per una sorta di dovere verso le cugine di primo grado (mia mamma, mia zia), tutte più grandi. Eppure, nonostante l’evento formale, nonostante i tanti parenti lontani e vicini, Nadia trovava un momento per ascoltare ciascuno e a ognuno offriva un argomento che creava empatia profonda. Nadia era capace di superare le differenze di età e di stile di vita.

Un ricordo di una gita. Mi piace andare in montagna, ma non ho molte occasioni perché la mia famiglia non condivide con me questa passione. Quella volta però avevo raggiunto Nadia e i suoi amici. Strano trovarci fuori dal contesto famigliare in cui eravamo solite incontrarci. Eppure, c’era un piacere particolare nel partecipare a quella escursione. Come se lei, io e i suoi amici lo avessimo sempre fatto insieme.

Un ricordo, l’ultimo. Le avevo scritto per partecipare una nuova escursione insieme. Aspettai la sua risposta che tardava ad arrivare con un senso di straniamento. Mi raggiunse telefonicamente dopo qualche giorno. La voce pacata: “dovrò stare ferma per un po’”. Mi dice dell’incidente e del ricovero. “Mi organizzo per venirti a trovare il prossimo week-end”, “sì, tranquilla, mi operano domani. Ti chiamo appena posso”.

Sono arrivata dopo l’operazione: aveva i ricci scomposti e un vestito colorato.

Valeria (mia figlia)

Per me Nadia era un pezzo di famiglia. Senza troppe spiegazioni genealogiche, lei semplicemente era. Veniva meno spesso dei parenti più stretti, ma la riconoscevo sempre. Sempre portava con sé un racconto e nella trama fine e rada di queste storie io sono cresciuta. Prima che mi stabilissi al Quadraro, mio nuovo quartiere, Nadia me ne parlò con tanta perizia che ancora oggi ritrovo le sue descrizioni dietro gli angoli, tra le buganvillee fiorite, nelle vetrine e nelle voci del quartiere. Mi descrisse un murales con un albero che affonda le sue radici in dei mandala, era il suo preferito. Lo vedo ogni volta che esco dal portone di casa. E potrei giurare di aver visto anche lei, in un giorno di sole, sorridermi facendo quello che più la caratterizzava: viaggiare, camminare, esplorare. 

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