newsletter: Leggere fra le righe

Escursionismo ardito


numero 20 – Newsletter dell’Associazione Arcoiristrekk – aprile 2022


Ushuaia

«Avevo sempre desiderato percorrere quel sentiero. […] Il sentiero saliva e scendeva. Sbarramenti di tronchi erano sistemati su linee parallele nelle depressioni del terreno. Oltre l’ultimo recinto c’era uno stagno di acqua nera circondato di alberi morti e lì cominciava il sentiero che saliva serpeggiando tra i primi grossi alberi da legname.

Ancor prima di vederlo sentii il fiume mugghiare in fondo a una gola. Il sentiero serpeggiava giù per il pendio. In una radura marcivano i vecchi recinti per le pecore di Lucas Bridges. Il ponte non c’era più, ma a un centinaio di iarde a monte il fiume si allargava, scorrendo su sdrucciolevoli pietre scure. Tagliai due alberelli e ne ricavai due bastoni. Mi tolsi stivali e pantaloni ed entrai con prudenza nell’acqua, controllando ogni passo col bastone sinistro e sostenendomi col destro. Nel punto più profondo l’acqua mi turbinava intorno alle natiche. Mi asciugai sulla riva, in una chiazza di sole. Avevo i piedi rossi dal freddo. Un’anatra di torrente volò risalendo il corso d’acqua: Riconobbi la sua testa striata e le sottili ali frullanti.

Il sentiero si perse presto nella foresta. Consultai la bussola e mi diressi a nord, verso il secondo fiume. Non era più un fiume, ma un acquitrino di muschio giallo. Lungo la riva, giovani alberi erano stati abbattuti con un taglio netto e obliquo come quello di un violento colpo di machete. Questa era la terra dei castori. Così i castori riducevano un fiume.

Camminai tre ore […]. Due condor si erano tuffati su di me. Vidi il rosso dei loro occhi mentre si allontanavano fulminei, virando giù per la gola montana e mostrando il grigio dei loro dorsi. Planarono, percorrendo un arco, all’inizio della valle e si alzarono di nuovo, ruotando nella corrente ascensionale generata dal vento che soffiava contro i dirupi, finché furono due macchioline nel cielo lattiginoso.

Le macchioline aumentarono di grandezza. Stavano tornando. Ritornarono, trascinati dal vento, puntando decisi come predoni sul bersaglio, col collare di piume bianche intorno alla testa nera, le ali immobili e le code inclinate in basso, come freni, gli artigli abbassati e allargati al massimo. Si tuffarono su di me quattro volte; poi sia io che loro perdemmo interesse alla cosa.

Nel pomeriggio cascai nel fiume. Attraversando uno sbarramento fatto dai castori, misi il piede su un pezzo di legno che sembrava stabile ma invece galleggiava. Caddi a testa in giù nel fango nero e feci fatica a uscirne. Ora dovevo raggiungere la strada prima di notte.

Il sentiero saliva ancora, aprendo un corridoio diritto nell’oscurità del bosco. Seguii le tracce fresche di un guanaco. Ogni tanto lo vedevo più in su avanti a me, che saltellava sopra tronchi caduti, e alla fine gli arrivai vicino. Era un maschio senza femmina, con la pelliccia tutta infangata e la fronte sfregiata da cicatrici. Aveva combattuto e perso. Ora anche lui era uno sterile vagabondo.

Poi gli alberi si diradarono. Il fiume si snodava lento attraverso pascoli di bovini. Devo averlo attraversato venti volte seguendo le tracce degli animali. A un incrocio vidi le orme di stivali e subito mi sentii leggero e felice, pensando che presto avrei raggiunto la strada o la capanna di un peone; ma proprio allora persi di vista le tracce. Il fiume scorreva violentemente giù per una gola di granito. Mi avviai allora in direzione della foresta, ma la luce stava calando ed era pericoloso scavalcare alberi morti al buio.

Stesi il mio sacco a pelo su uno spiazzo pianeggiante, tolsi dal sacchetto la metà dei pezzetti di legno e ne feci un mucchietto aggiungendovi muschio e ramoscelli. Il fuoco brillò. Anche i rami umidi si accesero e le fiamme illuminarono le verdi cortine di licheni che pendevano dagli alberi. Dentro il sacco a pelo c’era umido e caldo. Nuvole di pioggia coprivano la luna.

Proprio allora sentii il rumore di un motore e mi tirai su. La luce abbagliante dei fari trapassava gli alberi. Ero a dieci minuti dalla strada, ma avevo troppo sonno e così mi ributtai giù a dormire. Dormii perfino durante un temporale».

Sembra il racconto di un partecipante alle uscite ARCOIRISTREKK PLUS, le temute escursioni dell’orrido Bruno, vero? Beh, non si tratta esattamente di quello. Se non lo avete letto, ve lo consiglio caldamente!

Bruce Chatwin, In Patagonia, Milano, Adelphi, 2003, pp. 183-186. È un libro che è bello possedere ma, se volete scoprire la biblioteca a voi più vicina che lo possiede, cercate sull’ OPAC SBN.

Marina M.

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