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Racconti di treno

Redazione

lbaldini


Viaggio sentimentale in treno – seconda puntata


Roma, 18 ottobre 2020


Nella giornata dedicata a Nadia abbiamo fatto un trekk urbano dedicato alla ferrovia. Il resoconto di quella camminata conteneva diversi contributi dei soci Arcoiris. Nei giorni scorsi ci sono arrivati altri scritti e così possiamo continuare il nostro viaggio sentimentale nel mondo dei treni e delle stazioni.


Benedetto treno notturno

Il treno, un viaggio in treno, forse più ricordi che viaggi, da sola o in compagnia, ma uno, in particolare, lo voglio raccontare.

Era il 1979, era l’epoca in cui si facevano concorsi più o meno uno dietro l’altro, avevamo da non molti anni finito la scuola superiore, conseguito il nostro bel diploma e così tentiamo Nadia ed io (e chi sennò?) un concorso alle Ferrovie per il Compartimento di Bologna, avevamo già amiche che lavoravano in Ferrovia, chi a Bologna e chi a Venezia. La prova per il nostro concorso si svolgeva a Venezia, appunto, quindi prendiamo il treno, ci ospiterà Anna, la nostra amica che abita vicino al Ponte Rialto. Il treno parte di sera, o meglio di notte, con la mia 500 sgangherata ci dirigiamo verso la stazione Termini, per fortuna con un certo anticipo perché quando siamo praticamente arrivate Nadia mi chiede se ho preso la lettera di convocazione. Bene, non l’ho presa e allora velocemente giro la macchina e in dieci minuti da Termini arrivo a Centocelle, faccio di corsa i quattro piani a piedi di casa mia, afferro questa benedetta lettera e ridiscendo di corsa con l’ansia di non arrivare in tempo e allora addio concorso. Invece no, ce la facciamo, miracolosamente saliamo su quel benedetto treno notturno e ci accomodiamo con il fiato corto e, come al solito, tanta voglia di chiacchierare e mentre chiacchieriamo passa tutta la notte fra tante parole e tanti sguardi incuriositi ed incerti tra noi perché si fissano su un uomo non ancora di mezza età, alto, asciutto, capelli chiari e sguardo perso, ben vestito, un bel vestito bianco, neanche molto stazzonato che non apre bocca se non quando tira fuori dalla tasca destra del vestito una bottiglietta di grappa e ci si attacca. Ha continuato così tutta la notte, non dando fastidio a nessuno se non al suo fegato e Nadia ed io siamo rimaste basite vedendolo scendere senza crollare non so più dove e domandandoci come si possa arrivare a quel punto, cosa nella vita possa aver portato quel signore a ridursi così. Poi siamo arrivate a Venezia, per me era la prima volta, era di maggio e la città si è presentata nella sua forma migliore. Anna e la sua casa ci hanno accolte per qualche giorno, abbiamo fatto la prova e, beh il resto lo sapete: Nadia in Ferrovia ed io finita l’Università ad attendere le chiamate per le supplenze, lei lassù lontana fisicamente, io a Roma, ma un treno Roma-Bologna è facile da prendere…

Caterina


Il treno Roma-Bari

I treni si sa arrivano spesso in ritardo…. come queste righe… o almeno il treno che prendevo per andare a Bari da mia cugina era “puntualmente” in ritardo di non meno di mezz’ora ma … se lo sai da prima, tutto sommato, non è così grave!

Potrei parlare di molti treni e molte stazioni, quelli dell’interrail dei miei 17 anni e di tutti i notturni che mi hanno portato in giro per l’Europa a costi ammissibili, delle stazioni dove ho dormito per scelta o per caso, ma mi atterrò alla linea Roma Bari.

Quel treno da bambina lo prendevo con le mie zie per andare dai parenti quelle rare volte che non si spostava tutta la truppa in macchina e questo significava:

  • fare tantissime valigie
  • preparare uno scatafascio di panini perché si sa, è cosa risaputa, oltre le 5 ore di treno la gente muore di denutrizione
  • decidere di arrivare presto in stazione per trovare posto a sedere
  • uscire di casa tardi non si sa bene perché ma tanto un motivo c’era sempre
  • mio padre che corre come un pazzo per arrivare in tempo MA prende sempre la strada più lunga perché su quella più breve c’è più traffico (sempre) dice lui
  • prendere il treno per un pelo e trovare sempre un gentile signore che cedeva il posto a mia zia sovraccarica di bagagli e nipote (secondo me speravano in un panino)

e poi finalmente …. Il rumore dei binari, l’odore dei sedili negli scompartimenti a sei posti con la porta scorrevole e il paesaggio che scorre davanti agli occhi e l’attesa di quello che ci stava aspettando alla fine del “viaggio”.

Le zie che mi ci hanno cresciuto erano due, zia Leda e zia Rosa, la prima era quella che guidava, lavorava, andava a fare la spesa e mi portava a fare compere in centro; la seconda era quella che stava dentro casa con mia nonna ma che quando mia nonna è morta ha continuato a stare dentro casa.

Quando dico che non usciva intendo proprio che non usciva, altro che lockdown, tranne che in rarissime occasioni e il viaggio fino a Bari era una di queste (una volta arrivati si ritappava dentro casa degli zii che ci ospitavano eh), ma il momento in cui scendevamo giù dava la possibilità di vedere un’altra donna, l’altra zia, quella che c’era stata prima della scelta di non uscire più. Erano simpatiche tutte e due!

Il treno comunque, con il suo odore, rumore e con le immagini in movimento portava con sé grandi promesse e tante aspettative di novità tutto comunque riconducibile alla parola libertà.

Sono passati alcuni anni e quel treno ho iniziato ad aspettarlo quando mia cugina veniva a Roma per fare gli esami universitari. Io in stazione ero sempre puntuale e lui mai, ottima scusa per comprare Diabolik prima e Dylan Dog poi per ingannare l’attesa, li leggevo puntualmente seduta per terra in stazione tanto per dare una rinforzata agli anticorpi.

Poi lo stesso treno l’ho preso per andare io a Bari, dai 17 ai 20 anni un numero improbabile di volte e quando tornavo prendevo il notturno, in questo modo guadagnavo qualche ora in più giù a Bari, qualche ora in meno a casa, pagavo meno il biglietto e quando arrivavo andavo direttamente a scuola.

E mentre dormivo accucciata sui sedili che avevo allungato uno verso l’altro fino a farne un comodo letto, avvolta nel mio cappotto che diventava una coperta, potevo sognare i viaggi quelli veri che desideravo fare.

In quelle notti ho incontrato controllori preoccupati per la mia incolumità, compagni di viaggio sconclusionati, gente strana che si è sempre dimostrata affidabile e gente normale assolutamente da evitare come il poliziotto che nella prima mezz’ora di viaggio ha tenuto tantissimo a dirmi qual’era la sua professione, che aveva con sé una pistola e mostrarmela….

Ma soprattutto ho passato notti meravigliose cullata dal movimento sulle rotaie che ha accompagnato alcuni dei miei sogni più belli.

Francesca

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