newsletter: Fiori frutti

Papaveri


numero 15 – Newsletter dell’Associazione Arcoiristrekk – giugno 2021


questi sono dell’anno scorso

Quando frequentavo le scuole elementari, nei mai troppo rimpianti anni ’60, ogni anno scolastico si concludeva con uno scritto sull’estate e le vacanze lì pronte ad aspettarci. E il dettato o i pensierini o il tema, a seconda che fossimo nel biennio o nel triennio (ve li ricordate gli esami di seconda elementare?), era sempre accompagnato da un disegno da realizzare con le matite colorate. Il mio disegno, immancabilmente, era un mazzo di bionde spighe, papaveri di fuoco e fiordalisi turchini. Che, poi, io i fiordalisi mica lo so quali siano. Per anni li ho confusi con i fiori della cicoria, peraltro bellissimi. Tuttora credo di non averli mai visti. Ma sapevo copiarli bene dal libro di lettura, dove c’era il disegno, non la foto.

anche questi

Era l’Italia del boom industriale (questo lo avrei imparato in seguito) ma, di fatto, i nostri libri di testo, soprattutto “il libro di lettura” – il mio s’intitolava L’albero d’oro – , seguivano il ritmo delle stagioni e dei relativi lavori nei campi, in sintonia con un’Italia ancora profondamente agricola. Così, anche nella mia fantasia giugno significava raccolto del grano e papaveri e fiordalisi a punteggiare di colore quell’oro prezioso.

E poi, i papaveri, da quelli ”alti, alti, alti” ai “mille papaveri rossi” hanno sempre ispirato poeti e cantautori. E pittori, per citare solo Monet e Van Gogh. E fotografi: ricordo che una volta la banca di papà (no, non la sua sua) per Natale gli regalò un bellissimo calendario con foto di paesaggi della campagna italiana, opera di un grande fotografo di cui non ricordo il nome (Roiter? Berengo Gardin?): stava appeso in cucina, fra l’orologio e la lavagna. E giugno era, inevitabilmente, introdotto da un fiammante campo di papaveri.

Che, poi, mica bisogna aspettare giugno per vedere i papaveri: quest’anno il primo l’ho visto a gennaio, ma in genere da febbraio alle latitudini romane già compaiono. È un gioco, questo dell’avvistamento del primo papavero (ma lo faccio anche col fiore di sambuco), che ripeto tutti gli anni. Per lo più gioco da sola, ma se volete …per l’anno prossimo possiamo organizzare una gara, con fotografie a testimonianza.

Lo so, direte che sto divagando, che questa è una rubrica sulle piante e le loro proprietà. Forse vi aspettavate che snocciolassi notizie botaniche (e che sono, un botanico, io?) o che vi illustrassi le proprietà erboristiche (e che sono, una farmacognosta?) o rievocassi il mito di Demetra e Proserpina (e che sono, Calasso?) o che vi raccontassi di certi papaveri davvero stupefacenti? Tutto ciò lo trovate ampiamente e con competenza descritto su internet o, se volete fare uno sforzo in più, sull’enciclopedia, alla lettera P.

fra cemento e asfalto

Io volevo semplicemente raccontarvi i pensieri e ricordi che mi ha evocato l’altro giorno, durante un modesto trekking fuori porta, la vista di un’enorme distesa di superbi papaveri, nati sul marciapiede di una recente rotatoria, fra l’asfalto e il cemento di un muretto di recinzione. Un passante, a buon motivo, li stava fotografando e io ho fatto altrettanto. A Vallerano, appena fuori il Raccordo. Per fortuna, c’è ancora molta natura da distruggere.

Marina M.

2 Comments

  1. Anche per me giugno era ed è il mese del grano e dei papaveri. Ricordo che da bambina (verso i sette/otto anni) con i primi vestitini finalmente a fiori cantavo, con le amiche, “Andiamo a mietere il grano il grano, il grano… Raccoglieremo l’amore, l’amore, l’amore…” Non ricordo il resto delle parole, ma ricordo che mi piaceva e, essendo cresciuta ad Aprilia, scorazzavo con bande di ragazzini per i prati cantando. Raccoglievamo i papaveri e spingevamo sul polso il pistillo nero per creare una magnifica stella.
    Ogni tanto lo faccio ancora, ma quasi di nascosto.

  2. Cara Cate, che cosa mi hai fatto ricordare! Certo, il timbro fatto col cuore del papavero spennacchiato! Noi lo chiamavamo “l’orologio”. Grazie!

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