newsletter: Taccuino di viaggio

Sentiero Coleman da Cineto Romano a Riofreddo. Domenica 4 luglio 2021


numero 22 – Newsletter dell’Associazione Arcoiristrekk – agosto 2022


Il torrente Rioscuro

Abbiamo fatto una passeggiata in luoghi i cui nomi sono a metà fra una fiaba e una poesia di Palazzeschi, fra il torrente e la cascata di Rioscuro, e il paese di Riofreddo. Per tacer di Scarpa, che è il paese da cui siamo partiti.

L’escursione che ci siamo proposti di fare è un tratto di una delle tappe del sentiero intitolato ad Enrico Coleman, ritrattista e pioniere del Cai di Roma, figlio di un inglese e di una sublacense, che nel 1881 percorse il cammino fra Camerata Nuova e Tivoli. Noi ne copriremo un tratto, partendo da Cineto Romano (nome che Scarpa ha assunto dal 1884) e arrivando a Riofreddo.

Ero perplessa sulla scelta del sentiero, perché ci si muove fra i 500 e i 700 metri, troppo bassi per le temperature proibitive dell’infernale estate 2021 (non sapevo che cosa ci avrebbe riservato l’estate 2022!), ma mi allettava la presenza di un torrente e di cascate, da cui mi aspettavo frescura.

Solita A24, uscita Vicovaro-Mandela, Tiburtina verso sinistra, dopo un paio di chilometri prendiamo a sinistra la SP37b e ben presto siamo a Cineto, paesino di circa 500 abitanti, che lo curano con amore e gentilezza, anche un po’ ingenua. All’inizio del paese, decentrata rispetto alla consuetudine, la piazzetta con il monumento ai caduti; a destra inizia la zona pedonale domenicale e subito si manifesta lo spirito dei cinetesi: gerani rallegrano ogni angolo, tabelle colorate artigianalmente accolgono il visitatore, non una cartaccia o una cicca o un escremento canino o felino. Senza essere uno degli autoproclamati “borghi più belli d’Italia”, o forse proprio per questo, vi si respira una bella atmosfera genuina. Per strada ci salutiamo con i pochi abitanti in giro (sono solo le nove del mattino di domenica) e ci soffermiamo a fotografare una finestra posticcia da cui si affaccia un malinconico Peppino Impastato, che ripete la sua bella e nota frase sulla bellezza (questo intendevo per ingenuità, forse un po’ kitsch, ma che ispira simpatia). Pochi passi ancora e un piccolo forno aperto. Possiamo mai tirare dritto ignorandolo? Purtroppo, le ciambelline al vino sono finite e dobbiamo “ripiegare” su un rotolo al cioccolato e un chilo di amaretti (niente a che vedere con quelli sublimi di Guarcino ma hanno un loro gusto rustico, che riflette la veracità del luogo). Mentre mio marito riporta in macchina i dolci, sperando che la cioccolata del rotolo non si squagli, mi godo la vista del maestoso Castello Orsini, che domina sul paesello, ben esposto sulla piccola valle del Ferrata.

Peppino Impastato si affaccia a Cineto

Arriviamo all’ariosa piazza principale, con la Chiesa di San Giovanni Battista (belle antiche statue all’interno, in particolare una Madonna seduta col bambino in grembo, purtroppo protetta dal vetro: la foto non verrà granché), ben tre bar (uno fa anche cucina), recenti panchine in ferro e una fontana.

La palina ci indica l’attacco del sentiero; cominciamo a scendere su una cementata, oltrepassiamo un fontanile ombroso con un piccolo monumento bronzeo che ritrae una lavandaia, superiamo la chiesetta extraurbana di Santa Maria; poi la stradina diventa mulattiera e ci conduce dopo non molto ad un bivio: possiamo scendere alla cascata ora e poi proseguire per Riofreddo o fare il contrario. Scegliamo di andare prima alla cascata, che è data dalla segnaletica in trenta minuti. Sono contenta di aver accolto il suggerimento letto in internet, di indossare pantaloni lunghi, perché in più occasioni durante la giornata ciò mi eviterà graffi. Naturalmente, lo avevo consigliato anche a Silvestro ma lui è … silvestre e considera i graffi come salutari salassi.

rovi fioriti sul cammino

Avevo anche letto che il comune di Cineto è recentemente intervenuto a bonificare la discesa alla cascata, cosicché non incontriamo sporcizia, il passaggio è ovunque comodo, ponticelli consentono comodi guadi e parapetti in legno offrono sostegno nei tratti un po’ esposti. Presto ci troviamo a costeggiare il torrente Rioscuro, affluente del Ferrata succitato, il quale, dopo un tratto sotterraneo, è a sua volta affluente dell’Aniene. Qui è tutto un susseguirsi di cascatelle e pozze e un alternarsi di tratti con maggior pendenza, dove l’acqua prende velocità e si fa più canterina, e tratti dove il corso si fa più placido e riposante. Prima di arrivare alla cascata grande (che NON è la più bella, a nostro avviso, ma semplicemente quella che si allarga in uno scenario più ampio) c’è una freccia per la Cascata della doccia, con l’avvertenza che quel percorso è per escursionisti esperti. È un monito, ma anche una sfida: scendiamo! All’inizio si fa: un po’ sostenendosi agli alberelli, che speriamo reggano, un po’ abbassando il baricentro (leggasi: sedere quasi a terra), ma poi i gradini naturali fatti di rocce e radici vengono meno e la discesa si verticalizza, anche per qualche piccola frana. Chi ce lo fa fare? Stavolta non abbiamo avvertito nessuno che venivamo qui, non abbiamo incontrato altri escursionisti, ragioniamo che sarebbe seccante slogarsi una gamba. E risaliamo.

Prima di risalire sul sentiero principale facciamo sosta con caffè e biscottini paesani comprati al vapoforno del Piglio durante la gita precedente. Si sono fatte le 10,55 e la meta di Riofreddo è data a un’ora di cammino: per mezzogiorno dovremmo esserci. Si sale fra giovani uliveti (questa non sembra una buona annata), mentre il sole si vela e il caldo umido aumenta; ci voltiamo e Cineto, già lontano, è un bel colpo d’occhio col suo Castello e lo slanciato campanile che non avevamo notato. Poi, finalmente, un tratto nel bosco, che costeggia dall’alto il torrente, a monte della cascata. Quindi, il sentiero piega bruscamente a destra, si fa stretto e sale più ripido in mezzo a profumate ginestre, delicate orchidee e miriadi di colorate farfalline che svolazzano sui fiori di mora. Siamo di nuovo allo scoperto, i segnavia si fanno più radi e approssimativi (nastri stracciati di colore fucsia legati agli arbusti) ma le tracce evidenti del passaggio di mucche mi ricordano di aver letto l’avvertimento in rete di un’escursionista stata qui lo scorso maggio, che diceva di essersi imbattuta in maremmani un po’ preoccupanti, a guardia di animali al pascolo alle soglie del paese di Riofreddo. Ed eccolo ai nostri piedi, il paese: arrivo in ripida discesa, il che significa pettata al ritorno! Mentre raggiungiamo le prime case (villette di vacanza in stile montanaro) il campanile batte le dodici: siamo in perfetto orario. Ad un primo bivio una tabella indica la presenza di un parchetto attrezzato per bimbi, ma non l’antica chiesetta retrostante col campaniletto in facciata, che rimane chiusa e per noi anonima.

l’Oratorio della Ss. Maria Annunziata, a Riofreddo

Prendiamo a sinistra, costeggiamo un altro parchetto per bimbi (a cento metri dal precedente), beviamo ad una fontanella ed entriamo (per fortuna, il Comune lascia aperta la porta per i visitatori) nel notevolissimo Oratorio della Ss. Maria Annunziata, realizzato nel 1422 per volere di Martino V e interamente affrescato: lo stile è giottesco, con influssi del gotico internazionale (no, non è che lo riconosco: l’avevo letto!), e l’opera (pure questo avevo letto) svolge il tema della ricostituita unità della Chiesa, dopo lo Scisma d’Occidente (vi ricordate quando, fra papi e antipapi, si arrivò ad averne tre in contemporanea?). Uscendo, vorrei offrire un crodino a mio marito nell’affollato unico (così mi sembra) baretto del paese, con i tavolini all’ombra degli alberi, ma l’invito non è raccolto. Ci avviamo, allora, in salita sul corso principale, costellato di edifici religiosi, come fa ritenere il cristogramma IHS, che ricorre su molte chiavi di volta di antichi portali. Passiamo per Piazza Donizetti (il compositore trascorse qui un periodo della sua vita) e proseguiamo fino alla Porta di uscita dal paese. Subito dopo la porta c’è un forno: propongo un acquisto di biscotti al solo fine scientifico di svolgere un’analisi comparata col forno di Cineto, ma neanche questa proposta è accolta. Quantunque Riofreddo appartenga all’Associazione dei borghi autentici d’Italia (concorrenti dei Borghi più belli?), è ben diverso dal pur vicino Cineto: un po’ più grande e più abitato, presenta, tuttavia, molte case abbandonate e anche quelle abitate non dimostrano quella cura per il proprio ambiente, privato e urbano, che tanto ci aveva colpito a Cineto. Saliamo fino al Castello, privato e in restauro (un restauro un po’ traditore) e scendiamo non senza salutare la “collega” di Legambiente: una signora con la maglietta del Cigno, che esce da un uscio (lo so, mi piaceva troppo la consonanza!) per dar da mangiare ai mici.

Fedeli al nostro codice di evitare le salite post prandium, ci avviamo per il ritorno: il cielo si è fatto bianco, le poche conifere che potrebbero offrirci un po’ di riparo sono lontane dal sentiero. E arrivano pure i maremmani, per la precisione una maremmana che allatta: in silenzio, guardando verso l’infinito, “a passi tardi e lenti”, levando un pensiero al dio degli armenti, ma anche a quello dei viandanti, affrontiamo la salita. Nessuno nei paraggi, né umano né bovino. La grossa cagna ci segue per un bel pezzo e, quando siamo ormai lontani da ville e giardini, torna indietro. Fiuuuh, come nei fumetti.

Finita la salita, ci addentriamo nel sentierino in discesa e appena raggiungiamo di nuovo la frescura del torrente, facciamo sosta. Dobbiamo addirittura affrettarci a mangiare perché qui, anche con la felpetta addosso, fa un certo freschetto: non ci credete? Beh, il microclima è tale che avvisto vicino a noi un pungitopo con le bacche mature (e non resisto a spezzarne un rametto per portarmelo via; lo so, non si fa; soprattutto perché ne ho tagliati quattro).

veduta dell’imponente Castello Orsini, a Cineto

Via in discesa e poi ultimo strappo in salita verso Cineto. Piccolo tour del tratto di paese che non avevamo visitato, verso il Castello, che ci pare meno manomesso di quello di Riofreddo, e sul quale sventolano due bandieroni dell’Italia: martedì si gioca con la Spagna per l’ammissione alla finale degli Europei. Sosta sulla panchina in piazza e bevuta alla fontanella. Via alla macchina, che troviamo per metà all’ombra, il rotolo al cioccolato è salvo.

Marina M.

1 Comments

  1. Cara Marì come sempre una piacevolissima lettura. E stai sicura che seguiremo le vostre orme. mi incuriosisce in particolare il bellissimo oratorio. un abbraccio

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