Resoconti

Convivere

Redazione

lbaldini

Sabato 22 e Domenica 23 settembre – Boschi e vitigni nel Chianti.

Tempo? Splendido. Partecipanti? Calorosi. Struttura? Accogliente. E tu, Marina, che fai? Assente! Ci sei mancata: con tanto verde e quei tramonti un po’ di … Marina ci sarebbe stata bene…

      Eravamo tanti: alla cena di sabato – pensa – eravamo 28. Sono venuti a salutarci Anna e Vladi, i nostri amici senesi. Gli altri 26? Io e Elsa (più in forma che mai, ci ha assicurato un tempo favoloso); il trio consolidato Cinzia, Marina (le sorelle Conti) ed Eugenio; la famiglia Miano quasi al completo (Caterina, Massimo e Claudio, il trionfatore della maturità con 100 su 100); Emma e Flavio (e la sua torcetta perennemente accesa); Luciano e Lucilla (di ritorno dalla Sicilia e in partenza per la Polonia); gli “sposi” Patrizia e Peppe e l’amica Catharina; il vertice al completo, Presidente e Vice, Nadia (con Alessio, suo amico) e Tonino con Paola (una delle sue innumerevoli amiche; ma noi anche da Tonino – dopo Patrizia e Peppe – ci aspettiamo trepidanti una svolta matrimoniale); Diana e Benedetto, arrivati trafelati sabato mattina con 12 minuti di ritardo sull’orario di partenza, fissato dal Capo alle 9; la famiglia Cantisani, meno il piccoletto Andrea (Luciano, Isa e Matteo) et, dulces in fundo, Franca e Roberto (nuovissime entries). A proposito dei Cantisani, lo strano è questo: che il cognome alla famiglia – come è noto –  lo dà il marito, ma chi partecipa al coro della parrocchia Sacra Famiglia è Isa ( e suppongo che canti più sani di così …).     

    Come sa una esperta di Lettere, quale tu notoriamente sei, per i Greci “star bene insieme” voleva dire “bere insieme” (simposio) e per i romani “mangiare insieme” era sic et simpliciter  “convivere”; e noi, che figli siamo, per ben convivere, abbiamo mangiato insieme e insieme bevuto: fatto bene, no? Qualcuno, ma solo dopo le laute cene intensamente convissute, ha anche provato a filosofare dei massimi sistemi (pure gli antichi dicevano “primum vivere, deinde philosophari”);  ma chi gli dava retta?

    Poiché tra i partecipanti c’erano Peppe, Massimo e Tonino, ti puoi immaginare le freddure: da congelare l’aria, che di suo invece era tanto mite. Ecco qualche battuta: “stiamo camminando secondo un piano razionalmente programmato, e poi andiamo a …Casole?”; “nelle terre del Chianti sarebbe il colmo schiantarsi dal ridere”; siamo accolti su un poggio dall’abbaiare furioso di una “sonora di cani” (con che coraggio potevamo chiamarla una muta?). Ma, oltre a quelli di noi dalla battuta facile, Marina mia, devo ricordare una persona con le mani di fata: pensa che dal guscio di una castagna selvatica ha ricavato un cesto con tanto di manico, pieno di mele rosse con ancora le foglie attaccate: l’artista è Catharina. Non so le la conosci, mi pare di ricordare che è di origine tedesca; siccome parla un “italiano a scatti”, dà l’impressione di  una che è sempre incazzata; invece no, dialoga volentieri; ecco un’altra, cui piace “convivere” fra una fetta e l’altra di “pane e olio” toscani.

    E l’aspetto culturale dell’escursione? E la visita alla tipica e ultramoderna cantina? Dico solo che a me queste moderne cantine tecnologizzate suscitano tanto rimpianto: di quelle ore e ore trascorse a ballare nella “trescarola”, dell’uva nera spiaccicata dai piedi, che a sera avevano preso il colore del mosto. Magari poi il vino sapeva sempre di aceto…  Gualtiero (26 settembre 2007).

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