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Il fango sugli scarponi

Redazione

lbaldini


domenica 27 febbraio
E – Il Monte Calvio da Castelnuovo di Porto


Il 27 febbraio, finalmente, iniziano le camminate di Arcoiris del nuovo anno. Anche questa volta siamo stati rallentati dal Covid; così, anziché dare l’avvio ai nostri trekking a gennaio, come di consueto, arriviamo a fine febbraio con una voglia incredibile di muoverci, di uscire dalla città, di ritrovarci tra noi, di riprendere ad abbracciarci, che non ci fermiamo neanche davanti ad una nuova incredibile guerra, proprio qui, ad un passo dalle nostre belle comode e tiepide case. Il trekking di gennaio lo recupereremo, non c’è problema, abbiamo tanto da recuperare e non ci faremo scoraggiare.

Il percorso di oggi è stato scelto dal nostro presidente e dal suo gentil consorte, che stanno diventando espertissimi nello scegliere mete vicine alla Capitale, sempre nuove e sempre alla nostra portata: ovvero non troppo lunghe, non troppo faticose, senza grandi dislivelli; l’età c’è, qualche acciacco pure, ma questa volta abbiamo perfino un giovane tra noi, il nipote di Iolanda. Avrà ancora la voglia di affiancarci? In realtà ha camminato quasi sempre davanti a noi, così, tanto per ricordarci come eravamo. Oh, vacci piano che ancora ce la caviamo non male, anzi direi proprio bene. Vai che c’è il Monte Calvio che ci aspetta.

Ci si vede alla stazione ferroviaria del piccolo centro di Castel Nuovo di Porto, per fortuna a pochi metri dal parcheggio c’è un meraviglioso bar, questa volta il caffè è assicurato… e anche i cornetti, la proprietaria controlla il Green pass e noi siamo tranquilli. Lo farà pure quando ci fermeremo al ritorno ed io penso che si tratti di una persona o molto scrupolosa o che non ci ha riconosciuti, siamo gli stessi di qualche ora prima. In realtà ci racconterà che ha preso una multa per non aver controllato i suoi clienti, comunque i cornetti sono veramente buoni. Poi più o meno puntualmente si parte e ci si incammina dapprima su strada asfaltata per poi proseguire su una comoda carrareccia, si supera un piccolo ponte, una staccionata e ci si ritrova ad affiancare un torrente e camminando camminando ci ritroviamo al Lago di Grotta Pagana, costeggiamo il Fosso dell’Acqua Forte prima di arrivare su al Monte Calvio che più che un monte è un piccolo rilievo, una collina; ma da lì si apre davanti ai nostri occhi la visione dei monti abruzzesi e del Soratte, tanto amato da Orazio, ma anche dal Duce che ci fece costruire un bunker negli anni Trenta, utilizzato dai tedeschi durante la guerra e riadattato negli anni Sessanta (c’era la Guerra fredda) come bunker antiatomico. Sì, direte voi, ma che c’entra? Da un po’ di tempo penso che la guerra fredda ci ha permesso di avere una visione più semplice e perciò più rassicurante di come andava il mondo. Ora è tutto molto più confuso, meno netto, meno schematico e altrettanto teso…e a distanza di circa un mese dall’inizio della guerra tra Russia e Ucraina il dubbio che possa servire un bunker antiatomico ci viene e come.  

Il panorama resta aperto, libero per un lungo tratto, un vero e proprio altopiano fino a quando si arriva a percorrere sentieri, si attraversano fossi e forre, canaloni e si incontra il fango, tanto fango. Ma come, il terreno fino ad un attimo prima era asciutto, che ci sta a fare il fango? Beh, tutta quell’acqua vorrà pur dire qualcosa no? E poi eravamo stati avvertiti dalle nostre impareggiabili guide. “Troveremo del fango, attrezzatevi” e noi ci siamo attrezzati, ma togliere il fango dagli scarponi è seccante, proprio non mi piace, non posso neanche sperare che lo faccia Massimo perché non è venuto (ne mancano un po’ di coniugi), il mio perché era previsto un forte vento freddo e in effetti il vento c’era. Mi toccherà pulire gli scarponi! Ma accipicchia se ne valeva la pena.

Tra chiacchiere, fontanile, cascatella e rocce che sembrano sculture ben levigate dalla mano dell’uomo, il tempo passa velocemente, la gioia di ritrovarci è insuperabile, ci fa mettere un piede dietro l’altro, allargare i polmoni per inspirare aria fredda e calore umano. È vero, gli alberi sono per la maggior parte ancora spogli, ma le zone erbose già si sono riempite di colori, già sono spuntati i primi fiori primaverili (inutile chiedermi i nomi, li distinguo poco uno dall’altro, ma ciò non mi impedisce di godere della loro vista e dei loro profumi).

Torniamo alla carrareccia iniziale e da lì nel giro di pochi minuti ci ritroviamo seduti al bar: c’è chi prende il caffè, chi mangia un dolce, chi saluta, chi si fuma una “meritata” sigaretta prima di salire tutti in macchina per il ritorno. Sapevamo che il trekking sarebbe durato 4 ore, ma ci sembra che sia durato molto meno. Dunque, alla prossima!

Caterina 

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