News, Resoconti

Le cascate di Cerveteri da Castel Giuliano

Redazione

lbaldini


Sabato, 26 marzo 2022
Le cascatelle di Cerveteri da Castel Giuliano



Come nella migliore delle tradizioni di Arcoiristrekk, questo cammino è stato esagerato per me, in molti modi. Esagerato per le mie gambette pigre, ma esagerato anche per le emozioni, la spensieratezza, il divertimento.
Arrivati sulla piazza del borgo di Castel Giuliano ci si incontra in tanti: il Sabato delle spese al supermercato stavolta lo lasciamo agli altri, a chi non ha avuto la fortuna di liberarsi dai soliti impegni, in questa giornata di sole. Alle spalle della piazza, sulla sommità dell’altura, un palazzo d’epoca, di almeno tre secoli fa, svetta con mura altissime, e a guardar bene, dietro alle finestre, occhieggiano scoloriti damaschi drappeggiati. Tende d’epoca, anch’esse, ma in qualche appartamento la famiglia che ha ereditato il Castello, ci vive ancora, come scopriremo al ritorno, domandando in giro per l’abitato basso: una serie di caseggiati a schiera, caratteristici degli ambienti di vita e di lavoro al servizio del Castello.
Castel Giuliano è oggi un ambiente speciale dove abitare, in pochi, nella riservatezza. Qualcuno riferisce che l’unico emporio del borgo stamattina non ha ancora avuto il rifornimento delle cialde del caffè, perciò partiamo, senza indugi.
Il panorama, dal belvedere della piazza, annunciava già boschi e valloni, ancora molto verdi, perché magari in ombra e percorsi dai ruscelli movimentati che sono la gran meraviglia sul nostro cammino. Verso valle, verso il mare, a più riprese si incontra l’acqua.
Dopo un primo percorso in un prato, pieno di fiori e splendente, in questo cammino ci si mette alla prova con agilità; ce n’è veramente per tutti i gusti, salite e discese, guado di torrentelli, salti da un sasso all’altro, o con destrezza cerchiamo di evitare il fango; mai come stavolta avrei desiderato avere dei bastoncini da trekking. Gli esperti della compagnia non li hanno dimenticati. C’è una tattica per giocare a Indiana Jones.
Si procede per sentieri anche stretti, dove occhieggia il rosso delle bacche di pungitopo, pianta che racconta la selvaticità… In qualche punto, il passaggio si introduce in una galleria di arbusti e chiome. A terra, tra le foglie secche delle querce, spunta il ciclamino. Si arriva alle prime cascate, allo spettacolo dei laghetti limpidi che forma il getto d’acqua fresca, e tutti sono ammirati, si staccano gli occhi dal suolo e brilla l’acqua verde, sotto l’aggetto delle felci.
Impossibile non fermarsi e la scusa di una foto serve ad accostarsi, a sorridersi.
Le nostre guide Patrizia e Giuseppe che sono tornate più volte sul cammino, per scegliere il migliore dei percorsi, ci invitano a ripartire: il numero delle cascate e cascatelle da vedere, in ordine crescente di altezza, è di almeno quattro. I loro nomi poi si sono confusi nella mia testa, ma mi pare che evocassero strutture di mulini. Alle rocce di porfido e basalto degli antichi vulcani laziali si alternano pareti di tufo a picco, e poi rovine di costruzioni ormai avviticchiate dall’edera, misteriose, irriconoscibili. Mi trovo a respirare, finalmente in un ambiente aperto, dopo tanta vita casalinga. La sensazione è quella della leggerezza, per una volta, comunque non perdo l’attenzione perché non abbiamo un percorso su cui indugiare in chiacchiere, si deve procedere in fila per lunghi tratti, costeggiando il torrente sull’argine in cemento, tra i muschi e l’acanto, o sugli argini scavati dall’acqua nella pietra. La fila perciò si fa serpente, si sa. In qualche momento si ferma, a legare le parti di uno scarpone che si apre in due, in qualche momento accelera, ma troppo! e mi ritrovo sola perchè sono rimasta indietro; e quelli dietro non mi raggiungono mai…! Può darsi che incontriamo altri gruppi di camminatori, può darsi qualche ciclista spericolato di mountain bike. Qualcuno osa motori da cross, purtroppo, ma capiscono in fretta che a nessuno piace il loro rumore in quella vasta pace.
Per fermarci a mangiare si è scelto un posto delizioso, certo per arrivarci c’è lo scavalco della robusta staccionata di tronchi: sopra o sotto? Rischiare lo squilibrio o raschiare il polverone? Ma qualcuno è già passato, senza sforzo, e già si è sistemato sul prato vicino al vecchio fontanile.
Altri salgono la collinetta dove ci sono i sedili di tronchi, una postazione da pic nic, un po’ sfasciata ma dal fascino “old west america”.
Zainetto in spalla e si riparte, stavolta la cascata è quella più alta: ad avvicinarcisi, sul margine sabbioso del laghetto, microscopiche goccioline ci investono, mentre le voci dei compagni sono sovrastate dal fragore dell’acqua. Ce ne ricorderemo la prossima estate, di un momento così.
Ok, adesso ci aspetta il ritorno, e sulla via del ritorno un ponte diroccato sul corso d’acqua. Quando le campagne erano molto più percorse di adesso, e magari di acqua sotto il ponte ce ne scorreva tanta che il torrente non si poteva attraversare a piedi, né a dorso di mulo, di quel ponte, che oggi sembra così periferico ad ogni interesse, specie d’inverno, non si poteva fare senza. Rimane bello, però, forse per quel gusto delle rovine, di romanticismo eterno, che mi fa prendere il telefono per una foto ancora: metto a fuoco il profilo biondo di Francesca, compresa sotto l’arco scuro della piccola campata, appena prima del vuoto in cui l’acqua precipita.
Presi dalla bellezza dei luoghi, non ci eravamo resi conto di quanta strada c’era per tornare a Castel Giuliano? Sempre meno che sbucare a Cerveteri! Le possibilità di percorsi in questo sito sono davvero molteplici. In ogni caso alla salita più ardua sto per gettare la spugna. Ed è lì che le amiche se ne accorgono. Assunta, la magica, ha ancora fiato da spendere e mi spinge per un chilometro in salita. Una benedizione di scherzi e tenersi per la mano mi fa ripensare a quando eravamo ragazzine.
Allora l’energia ritorna, è logico. Ciascuno, con i saluti sulla piazza, se ne riporta a casa una scintilla.
Laura M.

3 Comments

  1. Ma in che bel posto sei stata, Laura emme! Quasi quasi ci vado anch’io!
    Fuor di metafora, la descrizione è così bella, che non sembra neanche il posto dove vi abbiamo portato io e Patrizia!

Leave a Comment to Antonietta Carlomagno Cancel Reply