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Non smettere mai di camminare

Redazione

lbaldini


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venerdì 24 febbraio 2023
Marcia della Pace Perugia-Assisi notturna


Cominciate col fare ciò che è necessario, poi ciò che è possibile. E all’improvviso vi sorprenderete a fare l’impossibile. 

San Francesco d’Assisi

In questi nostri giorni le notizie sulle violenze e le guerre si affastellano. L’uomo che ammazza e maltratta l’altro uomo sembra un’usanza millenaria inscalfibile. Eppure non ci si può rassegnare, il compito di ciascuno di noi è non restare indifferente, scandalizzarci sempre, per ogni dolore inferto, impegnarsi per costruire un nuovo modo di stare insieme.

Non si riesce a mettere al bando le guerre e di fronte a queste tremende carneficine ci sentiamo impotenti. Non è semplice capire cosa possiamo fare noi, noi singoli individui, di fronte alle prepotenze dei tanti Putin che spadroneggiano.

Intanto cerchiamo di stare assieme, di ragionare assieme, di far sentire la nostra voce assieme, di diffondere pratiche che costruiscano la Pace e che combattano la guerra.

Mi tornano in mente le parole dello scrittore uruguaiano Eduardo Galeano:
L’utopia è là nell’orizzonte. Mi avvicino di due passi e lei si distanzia di due passi. Cammino dieci passi e l’orizzonte corre dieci passi. Per tanto che cammini non la raggiungerò mai. A che serve l’utopia? Serve per questo: perché io non smetta mai di camminare.

E’ con questi pensieri che nella notte fra il 23 e il 24 febbraio, ad un anno dall’invasione dell’Ucraina, partecipiamo alla marcia Perugia-Assisi. 

Quando si parte dalla piazza principale di Perugia non siamo moltissimi, ma come sempre variegati, molto variegati.
Prima della marcia si tiene “un incontro di riflessione e proposta contro tutte le guerre”, noi attendiamo ai piedi della scalinata di accesso alla Sala de’ Notari.

Ci sono frati e monache, ragazzi e ragazze, anziani e anziane. Qualcuno è attrezzato di tutto punto: scarponi, giacca a vento, zaino, bastoncini; altri, forse inconsapevoli dello sforzo fisico che li attende, sembrano accingersi a intraprendere una passeggiata/struscio per il corso.

Partiamo con un bel ritardo, l’incontro in Sala de’ Notari non finiva più, ma, ci sta, noi che vogliamo cambiare il mondo spesso non lesiniamo nelle argomentazioni.

Flavio Lotti, coordinatore della Marcia, si mette in testa al corteo e ci dirigiamo verso i giardini del Frontone. Qui il gruppo di partecipanti si ingrossa, la distribuzione delle fiaccole e il solito “circo mediatico” con fotografi, cineoperatori e giornalisti crea una certa ressa.

In queste condizioni anche lo srotolamento del bandierone della pace diviene un’operazione complessa. Finalmente si parte e il corteo imbocca di buona lena la discesa che conduce a Ponte San Giovanni.

In questo inizio di marcia siamo nelle posizioni di coda e così possiamo ammirare il serpentone di luci tremolanti che si insinua nella buia campagna perugina.

Sarà la discesa, sarà il freddo, sarà la voglia di arrivare presto alla meta, ma l’andatura è davvero sostenuta.

Attraversiamo l’abitato di ponte San Giovanni immerso in un sonno profondo, aldilà dei vigili urbani che sorvegliano gli incroci, non incontriamo nessuno, perfino i cani dormono e non si manifestano.

Il tragitto verso Collestrada è avvolto dal buio. Dalla superstrada che ci corre accanto di tanto in tanto arrivano strombazzamenti acuti da qualche autotreno, noi affrontiamo il breve ma duro tratto in salita aiutandoci con la torcia elettrica per illuminare il percorso e con i bastoncini per aiutare le gambe. Come sempre lo scollinamento porta con sé la pausa bagno (stavolta trovare un angolino buio è facile) e una breve sosta per un sorso di thè caldo.

Man mano che si procede, il corteo si allunga e sfarina, ai lati della strada di tanto in tanto si vedono marciatori che si fermano per un riposo, per sistemarsi una scarpa, per rifocillarsi.

Procediamo silenziosi quasi per non voler disturbare il sonno degli abitanti della piana che precede Assisi. Ad Ospedalicchio incrociamo il treno!

Mentre attraversiamo l’abitato ci arriva da lontano il fischio intenso, acuto e ripetuto di un locomotore ferroviario. A quest’ora non c’è traffico sulla strada ferrata eppure, eppure questo è proprio il classico grido del treno ed è talmente lungo e forte che non ci si può sbagliare. Quando arriviamo al passaggio a livello ci rendiamo conto di cosa sta succedendo: ci sono due locomotori che devono svolgere dei lavori sulla linea, ma nessuno si è premurato di chiudere le sbarre del passaggio a livello: il macchinista, nel silenzio assoluto della notte, lancia il suo grido di dolore alto, altissimo, ma sembra che nessuno lo ascolti.

Non lo ascoltano i suoi colleghi che dovrebbero chiudere le strade, non lo ascoltano i marciatori, che dopo un attimo di tentennamento proseguono il cammino.

Sembra quasi una metafora del nostro grido di dolore verso le atrocità della guerra.

Più tardi, dopo qualche chilometro, i locomotori sfilano via accanto al corteo: a forza di insistere, ci si può far sentire, ci si può far ascoltare.

A Bastia ci si ferma. Ormai siamo a buon punto e nonostante il freddo una sosta per riposarci e rifocillarci ci vuole. Alle quattro di notte un bar è aperto e la piazza si riempie di gente.

Ormai la cupola di Santa Maria degli Angeli è alle viste. Nei pressi della Basilica, il coordinatore della marcia Flavio Lotti, rilascia qualche intervista a quei pochi cronisti che hanno deciso di seguire il nostro cammino da cima in fondo.

Ora ci attendono gli ultimi chilometri sul rettifilo che conduce ai piedi del colle su cui sorge Assisi. L’ultima salita è davvero faticosa, si procede al buio, le fiaccole ormai si sono spente, ci facciamo strada con i piccoli fasci di luce che ci regalano le nostre pile.

Quando arriviamo al piazzale antistante la Basilica inferiore, Lotti di fronte ad un gruppo molto smagrito rispetto alla partenza, pronuncia un breve discorso e poi si dirige verso la Basilica per una sosta davanti alla tomba di San Francesco. Noi facciamo basta, tanto stanchi per la nottata in bianco quanto contenti per esserci immersi in questo piccolo popolo di utopisti.

Luciano B.


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