Resoconti

Quanto manca a San Silvestro ?

Redazione

lbaldini

Domenica 28 febbraio – Sul monte Soratte.

28 Febbraio 2010 – Monte Soratte – la montagna solitaria
Anche questa è fatta, come direbbe qualcuno (qualcuno non a caso….) dopo avere affrontato alcuni percorsi sassosi.
Mi ritrovo l’onere delicato di dovere redigere un resoconto, in quanto il nostro sommo cronista Gualtiero non è venuto, essendo tornato a Roma dalla montagna il Sabato sera prima. A Guartiè: una roccia come te sto percorso ‘o faceva co l’occhi chiusi. Pane e vin non ti mancava e neanche un po’ de pecorino preso direttamente da ‘n pecoraro in Toscana. Ma tralasciamo la cronaca mancata e torniamo a quella vissuta.
Tra le 08.40 e le 09.00 ci ritroviamo all’uscita di Ponzano Romano / Soratte. Nadia, Luciano, Iolanda, Cesare sono giunti da Largo della Primavera (quella che stenta ad arrivare). Alessio, Alessandra, Donatella, Patrizia (quest’ultima in vacanza di un giorno da Peppe infortunato, in quanto ancora pratica sport estremi ad età avanzata), il sottoscritto (la guida del giorno) e suo figlio Egon (la mini-guida) sono venuti direttamente al secondo appuntamento. Questi 11 si sono recati al punto di partenza al parcheggio principale del paese di Sant’Oreste, dove si sono aggregate Luisa ed Alessandra, gentilmente prestate dalla nostra associazione gemella Arcosirente. Con loro era la cagnetta, razza cane (molto) bassotto, di nome Mafalda, detta per brevità Mafi, che non correva appresso ai bastoncini, bensì alle pietre, che talvolta si avvicinavano al suo stesso peso corporeo.
Riepilogando, erano presenti ben 8 donne e soli 5 uomini, compreso un uomo piccolo, oltre al cane femmina. Mancavano quindi anche Peppe e le sue freddure, che specie d’estate sono molto utili.
Dopo saluti, convenevoli, caffè e cappuccini, si parte finalmente alle 09.50 circa e non verso l’alto, come siamo abituati, ma verso il basso. In quel momento il tempo era ancora molto buono, ma ben presto il cielo si è coperto con una velatura continua e si è aggiunto anche vento forte in cresta. E’ vero, che le previsioni parlavano di sole e nuvole, ma è stato un peccato, che le nuvole si sono disposte tutte in basso ed il sole è rimasto sempre al di sopra di esse.
La prima meta erano i Meri, che sono delle cavità carsiche molto profonde, che pare si diramino anche per chilometri attraverso la montagna. Sembra, che questi Meri ci siano sempre stati ed abbiano ispirato il film “Meri per sempre” (Marco Risi, 1989).
La seconda tappa era presso la chiesa rupestre di Santa Romana, ricavata in una suggestiva grotta con formazioni calcaree, completa di affreschi e di una bacinella di raccolta dell’acqua, alla quale attingevano in passato le donne prive di latte materno.
Dopo la chiesa si scendeva fino alla quota più bassa del percorso per poi risalire e fino all’inizio della cresta dalla sua estremità settentrionale, costituita dalla vetta, detta Quadrara dell’Aquila.
Questo piccolo spiazzo a poco più di 500 m di altitudine, fornisce la sensazione di montagna per la assenza di altri rilievi nella zona circostante e per la salita non del tutto banale su qualche sasso.
Dalla Quadrara dell’Aquila ci siamo recati al cucuzzolo successivo, identificato con la Casaccia dei Ladri per la presenza dei ruderi di una dimora, nella quale, si diceva, si rifugiassero i ladroni.
Ridiscendendo da questo cucuzzolo in direzione della vetta principale del Monte Soratte con la chiesa di San Silvestro qualcuno ha chiesto: “Quanto manca a San Silvestro ?” La risposta :”Circa 300 giorni.” Lungo questo tratto incontriamo un folto gruppo, evidentemente molto appassionati della zona a nord di Roma e dalle leggende sui (presunti) tesori lasciati nell’area durante la seconda guerra mondiale. Segnalo il loro sito: http://www.trekking-tiburzi.it/index.html, che contiene molti interessanti spunti e documentazioni, nonché una sezione gastronomica, sempre gradita.
Giunti finalmente alla vetta principale del Soratte con la chiesa di San Silvestro, prima del
nutrimento della panza ci siamo goduti il nutrimento della mente, ascoltando alcune spiegazioni di un giovane volontario del gruppo di “Avventura Soratte” (http://www.avventurasoratte.com/default2.htm), che apre per 4 ore al giorno nei fine settimana la chiesa per renderla visitabile (orario 12-16).
Nonostante le condizioni meteorologiche non ideali abbiamo potuto godere la vista verso est sui Monti Sabini e sui Monti Reatini con il gruppo del Terminillo, mentre verso ovest si vedevano i Monti Sabatini con il Lago di Bracciano, oltre ai Monti Cimini.

A pochi minuti verso valle si incontra la chiesa di Madonna delle Grazie con annesso convento,
dove prendiamo posto per il momento più solenne delle gite di Gastroiris: il pranzo al sacco. C’era di tutto, dai panini alle cioccolate, i chicchi di caffè coperti di cioccolata, le prugne secche, i biscotti Gentilini, oltre al vino ed al formaggio, già citati all’inizio.
Approfittando di una distrazione della guida, dopo la pausa pranzo una parte del gruppo ha iniziato la discesa sulla strada cementata, che conduce dalla chiesa di Santa Maria delle Grazie direttamente al paese di Sant’Oreste. Richiamati all’ordine, l’escursione è proseguita passando dietro la chiesa ed al convento, esponendoci al versante più soggetto al vento. Ho cominciato a pensare all’origine della parola convento, che qualcuno vede nella lingua latina, ma potrebbe trattarsi anche di un luogo “con vento”. Con questo dubbio in testa siamo giunti dopo poco alla chiesa di Sant’Antonio ed ad un punto da dove si vedono tutti i 5 luoghi di culto della parte alta del monte: San Silvestro, San Sebastiano, Madonna delle Grazie, Sant’Antonio e Santa Lucia.
A breve distanza si trova uno sfiatatoio, che è un cunicolo sotterraneo, collegato con l’ambiente
esterno su entrambe le estremità, e, a secondo della differenza tra temperatura esterna e temperatura interna, crea dei flussi di aria in un senso o nell’altro. Patrizia ci racconta di fenomeni analoghi in Sudtirolo (Eislöcher), dove nella bocca inferiore a 200-300 m di altitudine si determinano dei microclimi e delle vegetazioni più tipiche dell’alta montagna, in quanto tende ad uscire sempre aria fredda.
Il resto della discesa è relativamente rapida e senza difficoltà con il naturale epilogo al bar.
Alla fine baci ed abbracci ed a rivederci presto.
Andreas

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