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Viaggio sentimentale in treno

Redazione

lbaldini


Domenica 20 settembre – Per Nadia



Questo “anno di Covid” ci ha costretto a spostare al 20 settembre la giornata che dedichiamo a Nadia. Il tema dell’incontro, in questa edizione, era il treno.

Sulla pagina del sito dedicata all’evento si possono trovare foto, materiali e approfondimenti così il nostro solito resoconto può essere stringato (programma, percorso, foto sono già lì, sulle pagine web) e allo stesso tempo innovativo. 

Dunque sia il mattino, per il trekk urbano, che il pomeriggio per la premiazione eravamo circa una ventina. Le Associazioni premiate, con qualche loro rappresentante, hanno partecipato anche alla camminata.

Il percorso della passeggiata è iniziato dall’albergo diurno a pochi passi da Termini, ha contornato la stazione e si è concluso nel quartiere di San Lorenzo. 

La premiazione presso la sede de La Primula, coordinata da Patrizia, la nostra Presidente, è stata arricchita dalle letture di Caterina, tratte da un libro rinvenuto a casa di Nadia e dal racconto di Giuseppe (la strage del treno 8017). Belle e profonde le parole di Massimo  (Presidente de La Primula), di Francesco (associazione Isla Ng Bata onlus) e di Davide (presidio “Rita Atria” di Libera del VII Municipio). Poi un po’ di chiacchiere e un piccolo rinfresco.  Tutto con mascherine e con la massima attenzione alle misure anti-covid.


Il trekk l’abbiamo iniziato leggendo un brano che parlava di un viaggio sentimentale nel mondo dei treni e delle stazioni e così ora continuiamo quel viaggio sentimentale col contributo dei partecipanti alla giornata.


Il treno Roma-Bari

I treni si sa arrivano spesso in ritardo…. come queste righe… o almeno il treno che prendevo per andare a Bari da mia cugina era “puntualmente” in ritardo di non meno di mezz’ora ma … se lo sai da prima, tutto sommato, non è così grave!

Potrei parlare di molti treni e molte stazioni, quelli dell’interrail dei miei 17 anni e di tutti i notturni che mi hanno portato in giro per l’Europa a costi ammissibili, delle stazioni dove ho dormito per scelta o per caso, ma mi atterrò alla linea Roma Bari.

Quel treno da bambina lo prendevo con le mie zie per andare dai parenti quelle rare volte che non si spostava tutta la truppa in macchina e questo significava:

  • fare tantissime valigie
  • preparare uno scatafascio di panini perché si sa, è cosa risaputa, oltre le 5 ore di treno la gente muore di denutrizione
  • decidere di arrivare presto in stazione per trovare posto a sedere
  • uscire di casa tardi non si sa bene perché ma tanto un motivo c’era sempre
  • mio padre che corre come un pazzo per arrivare in tempo MA prende sempre la strada più lunga perché su quella più breve c’è più traffico (sempre) dice lui
  • prendere il treno per un pelo e trovare sempre un gentile signore che cedeva il posto a mia zia sovraccarica di bagagli e nipote (secondo me speravano in un panino)

e poi finalmente …. Il rumore dei binari, l’odore dei sedili negli scompartimenti a sei posti con la porta scorrevole e il paesaggio che scorre davanti agli occhi e l’attesa di quello che ci stava aspettando alla fine del “viaggio”.

Le zie che mi ci hanno cresciuto erano due, zia Leda e zia Rosa, la prima era quella che guidava, lavorava, andava a fare la spesa e mi portava a fare compere in centro; la seconda era quella che stava dentro casa con mia nonna ma che quando mia nonna è morta ha continuato a stare dentro casa.

Quando dico che non usciva intendo proprio che non usciva, altro che lockdown, tranne che in rarissime occasioni e il viaggio fino a Bari era una di queste (una volta arrivati si ritappava dentro casa degli zii che ci ospitavano eh), ma il momento in cui scendevamo giù dava la possibilità di vedere un’altra donna, l’altra zia, quella che c’era stata prima della scelta di non uscire più. Erano simpatiche tutte e due!

Il treno comunque, con il suo odore, rumore e con le immagini in movimento portava con sé grandi promesse e tante aspettative di novità tutto comunque riconducibile alla parola libertà.

Sono passati alcuni anni e quel treno ho iniziato ad aspettarlo quando mia cugina veniva a Roma per fare gli esami universitari. Io in stazione ero sempre puntuale e lui mai, ottima scusa per comprare Diabolik prima e Dylan Dog poi per ingannare l’attesa, li leggevo puntualmente seduta per terra in stazione tanto per dare una rinforzata agli anticorpi.

Poi lo stesso treno l’ho preso per andare io a Bari, dai 17 ai 20 anni un numero improbabile di volte e quando tornavo prendevo il notturno, in questo modo guadagnavo qualche ora in più giù a Bari, qualche ora in meno a casa, pagavo meno il biglietto e quando arrivavo andavo direttamente a scuola.

E mentre dormivo accucciata sui sedili che avevo allungato uno verso l’altro fino a farne un comodo letto, avvolta nel mio cappotto che diventava una coperta, potevo sognare i viaggi quelli veri che desideravo fare.

In quelle notti ho incontrato controllori preoccupati per la mia incolumità, compagni di viaggio sconclusionati, gente strana che si è sempre dimostrata affidabile e gente normale assolutamente da evitare come il poliziotto che nella prima mezz’ora di viaggio ha tenuto tantissimo a dirmi qual’era la sua professione, che aveva con sé una pistola e mostrarmela….

Ma soprattutto ho passato notti meravigliose cullata dal movimento sulle rotaie che ha accompagnato alcuni dei miei sogni più belli.

Francesca


Benedetto treno notturno

Il treno, un viaggio in treno, forse più ricordi che viaggi, da sola o in compagnia, ma uno, in particolare, lo voglio raccontare.

Era il 1979, era l’epoca in cui si facevano concorsi più o meno uno dietro l’altro, avevamo da non molti anni finito la scuola superiore, conseguito il nostro bel diploma e così tentiamo Nadia ed io (e chi sennò?) un concorso alle Ferrovie per il Compartimento di Bologna, avevamo già amiche che lavoravano in Ferrovia, chi a Bologna e chi a Venezia. La prova per il nostro concorso si svolgeva a Venezia, appunto, quindi prendiamo il treno, ci ospiterà Anna, la nostra amica che abita vicino al Ponte Rialto. Il treno parte di sera, o meglio di notte, con la mia 500 sgangherata ci dirigiamo verso la stazione Termini, per fortuna con un certo anticipo perché quando siamo praticamente arrivate Nadia mi chiede se ho preso la lettera di convocazione. Bene, non l’ho presa e allora velocemente giro la macchina e in dieci minuti da Termini arrivo a Centocelle, faccio di corsa i quattro piani a piedi di casa mia, afferro questa benedetta lettera e ridiscendo di corsa con l’ansia di non arrivare in tempo e allora addio concorso. Invece no, ce la facciamo, miracolosamente saliamo su quel benedetto treno notturno e ci accomodiamo con il fiato corto e, come al solito, tanta voglia di chiacchierare e mentre chiacchieriamo passa tutta la notte fra tante parole e tanti sguardi incuriositi ed incerti tra noi perché si fissano su un uomo non ancora di mezza età, alto, asciutto, capelli chiari e sguardo perso, ben vestito, un bel vestito bianco, neanche molto stazzonato che non apre bocca se non quando tira fuori dalla tasca destra del vestito una bottiglietta di grappa e ci si attacca. Ha continuato così tutta la notte, non dando fastidio a nessuno se non al suo fegato e Nadia ed io siamo rimaste basite vedendolo scendere senza crollare non so più dove e domandandoci come si possa arrivare a quel punto, cosa nella vita possa aver portato quel signore a ridursi così. Poi siamo arrivate a Venezia, per me era la prima volta, era di maggio e la città si è presentata nella sua forma migliore. Anna e la sua casa ci hanno accolte per qualche giorno, abbiamo fatto la prova e, beh il resto lo sapete: Nadia in Ferrovia ed io finita l’Università ad attendere le chiamate per le supplenze, lei lassù lontana fisicamente, io a Roma, ma un treno Roma-Bologna è facile da prendere…

Caterina


Rotaie

Ermelindo sale su un treno per la prima volta a diciannove anni, nell’agosto del 1943. Il mezzo con le ruote con cui ha una qualche consuetudine è il biroccio (carroccio) trainato dai buoi e così gli viene spontaneo spostarsi a destra o a manca sul sedile dello scompartimento a seconda della direzione della curva affrontata dal locomotore. Poche settimane e arriva l’8 settembre. Un macchinista marchigiano è la sua salvezza: “sali su quel vagone, nasconditi. Quando saremo vicino a casa tua io rallento la corsa del treno e tu ti butti giù sulla scarpata così eviti i controlli in stazione”. Così è andata. Chissà cosa pensava mio padre quando nei primi anni ’50 lavorava con pala e piccone sulla massicciata di quelle stesse rotaie.

Luciano 


Il viaggio in treno

(…) la mia vita è stata sempre legata alla presenza di questo mezzo di trasporto, e forse per questo mi piace.
La mia casa dove ho trascorso l’infanzia e l’adolescenza è costruita vicino alla ferrovia Roma-Viterbo: il passaggio del treno scandiva le ore della giornata.
La mia casa dove vivo è vicino alla stazione di Roma Tuscolana: il treno da qui mi ha permesso di viaggiare oltre confine, collegandomi all’aereoporto di Fiumicino.

Tornando alle memorie di famiglia, ho avuto due zii che hanno lavorato in ferrovia: uno di loro è stato il primo macchinista della tratta Foggia-Potenza nel dopoguerra, durante la ricostruzione.

Infine, con Nadia ho condiviso il viaggio di ritorno Rimini-Roma ed ho un bellissimo ricordo, perché finalmente avevo trovato una persona alla quale piaceva viaggiare in treno: non conoscevo il suo mestiere!

Daniela


Un gesto d’umanità si trova ovunque

(…) raccontare un episodio vissuto sul treno  è difficile visto che il treno è sempre stata una fatica prenderlo da dove abito essendoci solo un binario ed è super lento. Però una volta è accaduto questo.

Ero sul treno in direzione Roma e come al solito il treno era in ritardo e fermo ad aspettare la coincidenza a Marcellina, quando ad un tratto entrò  un ragazzo di colore, si sedette solo dopo che il controllore che si trovava alla porta dove era entrato si era accertato del biglietto e della convalida dello stesso. Qualche minuto dopo un ragazzo bianco, dal viso arrogante arrivò alla stessa entrata e senza  biglietto, il controllore dunque lo invita a scendere, ma questo risponde “perché mi fai scendere? pensi che quel negro abbia il biglietto?”. Il controllore con calma, ma da alcuni movimenti era leggibile quale fastidio quella parola “negro” sputata con rabbia e discriminazione gli procurasse, lentamente afferma “scendi immediatamente”. Girandosi poi verso il ragazzo di colore, chiede scusa per la scenata e il ragazzo dice di essere abituato con una rassegnata alzata di spalle. 

Il controllore dice allora una frase che mi allietò la giornata “se accade di nuovo e ci sono io, rispondi che sei mio amico”. 

Il treno è per tutti alla fine basta un biglietto!

Veronica


Canzone

Mi sono venute in mente queste frasi di una canzone che ascoltavo spesso durante il mio Erasmus..:)
Periodo dove gli incontri e le conoscenze potevano essere brevi come la coincidenza con un treno regionale che hai paura di non riuscire a prendere… ma allo stesso tempo intense come un ritardo alla stazione di Santa Maria Novella dopo due giorni di congresso a Firenze.
“Il cielo era sereno
E lei saliva sopra ad un treno,
Quante belle relazioni
Muoiono nelle stazioni…
… il cielo era arancione
E lei piangeva su un vagone
Quanti amori straordinari
Fuggon via sopra i binari”
(Dio Esiste- Scarda)

Giulia


Binario 8 e ¾

Come eravamo soliti allora, il viaggio per Bolzano veniva svolto in wagon-Lit; così avevamo acquistato un biglietto per l’Intercity Notte delle 22,50, in partenza da Roma Tiburtina. E quella sera, alle 22, eravamo già in stazione, una stazione deserta, pronti alla partenza, con i nostri trolley.

Che faresti tu, appena arrivato nella nuova Stazione Tiburtina? E’ chiaro: cercare il binario di partenza e aspettare il treno. Ma nessun avviso sui cartelli luminosi, nessun treno per Bolzano. Così cercavamo sui vecchi (cari) pannelli di carta. Nessun treno neanche lì; a quell’ora solo un treno per Frosinone e uno per Milano. Come era possibile?

Abbiamo cominciato a cercare qualcuno cui chiedere informazioni; ma la stazione  era deserta. Al binario 1 abbiamo rincorso un ferroviere, che entrava in una sala, alla cui porta un divieto d’ingresso. Siamo entrati lo stesso e il ferroviere ci ha chiesto cosa ci serviva. Era molto disponibile e ci ha accompagnato a un altro pannello con gli orari, provando a capire.

Poi l’intuizione: il nostro treno era quello per Milano, che aveva carrozze per Bolzano, e ci ha accompagnato al binario 23 (8 e tre quarti?). Gli abbiamo chiesto perché non era riportato alcuna specifica sui pannelli. La sua risposta era che Trenitalia e Grandi Stazioni sono due società diverse, che non si ‘parlano’.

In attesa con noi, altri viaggiatori. Abbiamo chiesto e ottenuto conferma: sì, quel treno veniva da Salerno e andava a Bolzano, potevamo stare tranquilli. Alle 22,30 l’altoparlante annunciava in arrivo il treno per Milano; dell’altra destinazione, Bolzano, nessun accenno. Il treno cominciò a scorrere sul marciapiede, ed effettivamente le carrozze riportavano Bolzano, come destinazione. Siamo saliti sulla nostra carrozza, incrociando le dita, anzi i trolley. Qualche viaggiatore diretto a Milano saliva e scendeva di corsa, accorgendosi della diversa destinazione delle carrozze. Il treno è partito, confermando la sua stazione di arrivo: Milano.

Siamo arrivati in mattinata a Bolzano, con una nuova convinzione: il binario 8 e ¾ esiste davvero, non è una invenzione della Rowlings!

Giuseppe e Patrizia


Ferrovieri che (non) perdono il treno

Viaggio a Praga. Protagonisti: Io, Nadiuccia e il Treno.
Un’esperienza (quasi) unica per molti, ma diciamo scontata per Noi ferrovieri. Un sentito ricordo indelebile nella mia memoria, ogni volta che ci penso mi vengono gli occhi lucidi.
Beh!… Si parte nel primo pomeriggio in Treno FrecciaRossa ETR 500 da Roma Termini per Venezia. Arriviamo verso le 21:00.
La coincidenza per Praga partiva verso le 23:00, quindi avevamo del tempo di attesa in una delle più belle città del mondo. Così ci siamo fatti rapire da cotanta bellezza percorrendo le calli intorno alla Stazione Ferroviaria e non solo.

Qualche tempo prima il “gemellaggio” con i compagni di Venezia ci aveva fatto partecipare con un nostro gazebo alla Festa de L’Unità cittadina. Che esperienza in quei giardini non molto lontano dalla sede della Biennale!
Che ricordi!

Passeggiando con i nostri rumorosi trolley al seguito, ci sono venuti in mente tanti aneddoti; per dirne qualcuno… l’incontro alla festa con Cacciari, allora sindaco … ma il più divertente di tutti è quello del
…. bla bla bla …. rumpi li cujun … bla bla …. (il bla bla era un veneziano stretto e antico dal significato incomprensibile) si capiva solo la parolaccia.
Erano le imprecazioni del nostro inquilino veneziano a cui non avevamo chiuso bene il portone della casa dove soggiornavamo. Eravamo in un piccolo appartamento di un compagno che gentilmente ci aveva ospitato …

Intanto il tempo passava e la distanza dalla stazione era diventa notevole.

Il Treno per Praga di lì a poco sarebbe partito senza di Noi. A gambe levate corriamo verso la stazione con i nostri trolley ormai rumorosi solo nel momento in cui toccavano terra da uno stato di volo continuo.
Eccoci al Treno, preso.
Per la cronaca i ferrovieri non perdono mai il treno!!!
In cuccetta arriviamo a Praga la mattina seguente quasi in orario.
Ci siamo sistemati in un appartamento con ascensore senza la porta della cabina (tipo montacarichi). La porta poi c’è l’hanno portata Luciano e Lucilla ma solo in fotocopia cartacea.
Abbiamo visitato per quattro giorni rigorosamente a piedi una delle più belle città d’Europa. Siamo ritornati felici e soddisfatti.
L’unica pecca sono state le cinque ore di ritardo, si era rotto il Treno in Austria.
Viva le Ferrovie Italiane sempre puntuali o quasi!

Tonino

2 Comments

  1. A Toni’, perché ci tenevi nascosto che scrivi cosí bene? I trolley volanti sono un’immagine davvero suggestiva! A quando il tuo contributo alla newsletter?

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