newsletter: Taccuino di viaggio

Fiano e dintorni, 29.12.2018


numero 7 – Newsletter dell’Associazione Arcoiristrekk – febbraio 2020


la valle del Tevere da Nazzano

Una giornata luminosa  di fine dicembre, quando le giornate iniziano impercettibilmente ad allungarsi ma le ore di luce sono ancora poche. Come soddisfare la voglia di stare un po’ all’aperto, senza allontanarsi troppo da Roma e coniugando natura e cultura? Fiano Romano è qualcosa di più dell’inizio dell’autostrada Roma-Firenze eppure, sia che andiamo verso nord sia che torniamo a Roma, non ci sembra mai opportuno uscire a visitare il paese. E, tuttavia, Fiano ci incuriosisce e ci incuriosisce anche il sito archeologico che insiste sul casello. Perciò, questa volta ci andiamo di proposito e ci abbiniamo, almeno nelle intenzioni, anche Capena. Anzi, Capena, ove mi condurrebbe anche il ricordo di una persona cara, sarebbe la prima meta. Ma vatti a fidare di bububù [lessico famigliare: leggasi “internet”] e anche della segnaletica stradale (ha proprio ragione la Littizzetto quando dice che i cartelli stradali ti abbandonano sul più bello!). Anche se l’indicazione per Castelnuovo di Porto reca scritto sotto pure le indicazioni di Fiano e Capena, non fate come noi e lasciate perdere; uscite piuttosto subito dopo, all’uscita propria di Fiano.

Subito prima della porta di ingresso al borgo antico, non posso non segnalare a destra un piccolo panificio (non fate resistenza ai biscottini all’anice e ai cantuccini con le nocciole!) e a sinistra (e dove sennò?) una statua a grandezza naturale, cioè piccola, di Enrico Berlinguer. Il borgo è delizioso e silenzioso, forse con qualche problema alle fognature per via di un persistente odore che ci accompagna nel nostro gironzolare per i vicoli. Nel bar della piazza dove si affacciano la chiesa di Santo Stefano Protomartire e il castello ducale è in corso un’animata discussione politica sul reddito di cittadinanza, con una focosità che è dato incontrare ormai solo nei paesi. Entriamo nel cortile del palazzo ducale, le cui origini risalgono all’XI secolo e che è cresciuto per ampliamenti successivi, soprattutto quattrocenteschi, e lungamente è appartenuto agli Orsini. In mano pubblica solo dagli anni ‘90, il palazzo ospita la biblioteca comunale e una scuola di musica (è bello essere accolti dal suono di un pianoforte). In un angolo porticato c’è un bel presepe ma, anche se è il 29 dicembre, qui Gesù Bambino ancora non è nato: la mangiatoia è vuota. Dimenticanza o rapimento di minore? Uscendo dalla porta, mentre fotografo Berlinguer per mandarlo ad un amico che non può non rimpiangere altri tempi, ci avvicina un gagliardo settantasettenne e coglie l’occasione della foto per parlarci della presente stagione politica di Fiano (e non solo) e di quella passata, che lo ha visto protagonista come assessore socialista per tre legislature, quando la lotta era improntata comunque al reciproco rispetto. Vestito solo con la giacca e a capo scoperto, mentre noi siamo imbacuccati con cappotto, cappello, sciarpa e guanti, ci racconta di sé, degli studi liceali presso il “Dante Alighieri” a Roma, della severità della professoressa Maria Rosaria Moro, sorella dello statista, e, tornando all’oggi, ci parla della sua attività d’impresa, con i fratelli, che verrà ora complicata dalla fatturazione elettronica. Questo mi piace sommamente della vita di paese, il ritmo lento, il crogiolarsi al sole parlando a cuore aperto con sconosciuti, senza pregiudizi: ogni chiacchierata come questa è un arricchimento! Ci congediamo con simpatia vera, facendoci gli auguri per il nuovo anno.

Le indicazioni per Capena sono scomparse e così proseguiamo in maniera casuale, tanto sono tutti nomi di paesini che non conosciamo. Approdiamo allora a Nazzano, il cui borgo medievale presenta angoli incantati, quasi di presepe, direi, per rimanere in tema col periodo della nostra visita. Meno abitato di quello di Fiano, il centro storico si abbarbica alle pendici del castello, di proprietà privata e non visitabile ma del quale si può apprezzare in pieno la possanza delle due torri. Ai piedi del castello una struttura dapprima restaurata (le antiche scuderie) e poi, come sembra, un po’ abbandonata a sé stessa, il “Museo del fiume”, forse una delle tante opere realizzate con finanziamenti europei, ma mi posso sbagliare. Appena fuori dall’abitato, su una collinetta appare la chiesetta di Sant’Antimo, risalente addirittura al X secolo e con affreschi della cerchia di Antoniazzo Romano. La posizione del paese è magnifica, sopra un’ansa del Tevere, che qui è verde e non marrone come a Roma: qui bisogna tornare a primavera, per scendere giù nella riserva naturale Tevere-Farfa e farsi una bella camminata sulla ciclovia!

Usciamo dal paese e ci dirigiamo – perché no? – verso Torrita Tiberina. La strada di accesso al borgo antico è, naturalmente, intitolata ad Aldo Moro, che qui aveva il suo buen retiro e che qui è sepolto. L’unico edificio notevole del piccolissimo centro storico è l’austero palazzo baronale, che i Savelli realizzarono nel XII secolo, modificando le originarie torri di segnalazione. Il paesino è più insignificante dei precedenti ma merita una visita, soprattutto per il magnifico affaccio sul Tevere. Si sono fatte le due del pomeriggio e mangiamo i nostri panini sulle panchine al sole che contornano il monumento ai caduti. Ai nostri piedi la valle del Tevere inondata di sole. Poi il caffè al confortevole baretto sull’altro lato della strada.

Lucus Feroniae

A questo punto decidiamo di riprendere la via di casa, sperando di imbatterci in Capena e comunque motivati a visitare il sito archeologico di Lucus Feroniae. Il sito quasi ci sfugge e dobbiamo fare un po’ di marcia indietro. Si può parcheggiare all’interno del cancello. Accogliamo l’invito della custode a visitare dapprima la zona archeologica, finché il sole è ancora alto, per poi accedere all’Antiquarium. Lucus Feroniae era una colonia fondata da Giulio Cesare sul sito di un precedente santuario della dea Feronia, frequentato da Sabini e Latini e saccheggiato da Annibale nel 211 a.C. Ci si aggira piacevolmente fra il Foro e il relativo quartiere, con le case-botteghe, la Basilica, la casa del Genio della Colonia. Bei resti di mosaici e tratti di antico basolato. Noi non ci allunghiamo (il coniuge dopo un po’ si stanca di vedere sérci!) ma ci sarebbero da vedere anche un anfiteatro e due terme. Ancora più lontano la Villa dei Volusii, grande dimora agricola proprio sopra il casello di Fiano e la vicina area di servizio. Neanche questa vediamo perché ci distrae la custode, che sta cercando due grandi cani bianchi che si sono introdotti nell’area e hanno bevuto l’acqua del gatto e mangiato i suoi croccantini e che rischiano di rimanere prigionieri dentro la zona archeologica se non rintracciati prima della chiusura. L’ Antiquarium è magnificamente allestito e pieno di oggetti ritrovati nelle tombe di Prato della Corte nonché di sculture provenienti dal Foro. Dissento del tutto dall’unico altro visitatore della giornata, che ha lamentato sul libro degli ospiti il secondo lui cattivo stato dell’area archeologica: mi è sembrato tutto ben tenuto ed il personale rilassato e gentile. Per tacere del fatto che l’accesso è gratuito. Tornerò, anche per vedere quelle due o tre cose che mi sono sfuggite.

E, infine, Capena, ma ormai il sole sta calando. Un rapido giro in macchina per le stradine e la promessa di tornare. Stavolta uscendo al casello giusto.

Marina M.

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