newsletter: Taccuino di viaggio

Passeggiata attorno alla Stazione Termini

numero 4 – Newsletter dell’Associazione Arcoiris – settembre 2019


l’ingresso da Via Marsala

Stavolta vi propongo una passeggiata semplice semplice, di nemmeno un km., il dislivello di qualche rampa di scale, la durata complessiva di meno di un’ora, con molte soste (aspetto, questo, che piacerà senz’altro a Silvia!). “Che ci sarà da passeggiare alla stazione Termini?” è la prevedibile obiezione di chi, come tutti noi, ci passa frettolosamente, con la rapidità obbligata dal pendolarismo quotidiano non disgiunto dall’impressione di sgradevolezza del posto, malgrado i recenti maquillages che ne hanno interessato buona parte. Ora ve lo racconto, quel che c’è da passeggiare.

Il 21 marzo 2019, prima giornata di primavera secondo il calendario astronomico ma di fatto ennesima di una serie di splendide giornate di sole (che ci godiamo, pur preoccupati da una siccità che pare senza fine), ho partecipato ad un’iniziativa connessa alla XV “Settimana di azione contro il razzismo”, promossa dall’UNAR. L’iniziativa, organizzata dall’associazione Laboratorio53 (che offre accoglienza e assistenza ai migranti), si intitola “Guide Invisibili” e si è svolta come ora vi racconto.

Giunti al luogo dell’appuntamento (l’ingresso delle Ferrovie Laziali), i circa quindici partecipanti sono stati accolti da Marco, italiano, e da tre giovani ragazzi africani; una breve introduzione e poi abbiamo ricevuto sui cellulari l’url di una traccia audio e, suddivisi a gruppi di due o tre, e ciascuno fornito di cuffia o auricolari, abbiamo cominciato a camminare seguendo le indicazioni che la traccia ci inviava per raggiungere, in successione, le varie “stazioni” dell’itinerario preparato dai giovani immigrati africani.

Così, a scaglioni, ci siamo mossi in silenzio nel frastuono di Termini, avviandoci dalla tabella dell’autobus 70 a Via Giolitti in direzione del piccolo sporco portico di fronte, pieno di murales; poi abbiamo salito i gradini che portano ai negozietti, tutti gestiti da immigrati, che si affacciano sulla medesima via. Per ogni tappa un racconto, scritto da uno dei giovani ivoriani, nigeriani, maliani, che hanno lavorato per mesi alla costruzione dell’audio. Così abbiamo appreso che, accanto al fruttivendolo bengalese, presente anche sotto casa nostra, c’è la parrucchiera africana che fa le treccine e c’è il negozio che vende cellulari rubati. Più avanti la nuova sosta, al ristorante preferito fra i tanti di cucina esotica che qui ci sono, preferito perché particolarmente accogliente e perché ci trovi davvero la cucina del mondo, anche l’amatriciana. Ancora pochi passi e veniamo invitati ad osservare le persone in attesa dell’autobus 14: fra loro potrebbe esserci il cosiddetto “avvocato”, un italiano benvestito che si aggira attorno a quella fermata, offrendo aiuto per le pratiche di soggiorno (nonché offrendo percentuali agli immigrati che gli portano clienti), epigono del Totò truffatore di vecchi film evidentemente sempre attuali. Quindi, attraversiamo la strada e ci appoggiamo al muretto di travertino che delimita la scala di accesso al piano interrato della stazione: qui avevano l’abitudine di passare il tempo gli immigrati, seduti sul muretto: oggi non ci sono più perché si era sparsa la voce che lì sostavano gli spacciatori ed era inevitabile essere fermati dalla polizia anche per quelli che con la droga non avevano nulla a che fare. Del resto, sedersi ormai è impossibile: hanno incollato dei cunei di travertino sopra il muretto, forse per evitare che qualche ubriaco precipiti sulle scale retrostanti.

Quindi, torniamo su via Giolitti verso quel bar che è un punto di riferimento per gli immigrati africani, che lì si siedono subito a sinistra rispetto alla porta d’ingresso, è il loro posto, nessuno lo ha stabilito ma lo è diventato: “Al nostro paese quando viene un amico a trovarti si mettono le sedie davanti alla porta di casa e si chiacchiera bevendo il thè; qui non abbiamo case e il bar è diventato il nostro ritrovo”.

Proseguiamo. Camminiamo ed ascoltiamo: racconti della quotidianità attuale di questi giovani stranieri, ma anche ricordi del loro passato, dalla polizia di Abidjan a quell’amico che non ce l’ha fatta, e le loro opinioni sulla pulizia dei luoghi pubblici e sul rispetto civico, e ricette, e sogni, e nostalgie. Il tutto inframmezzato da belle musiche scelte fra quelle dei loro paesi. Si scende nella parte sotterranea della stazione, piena di negozi e di luci: anche qui tanti stranieri che sostano sui sedili di pietra, a socializzare e sfruttare il wi-fi. Rifletto che comunemente noi siamo forse infastiditi da tutti questi stranieri che sostano alla stazione quando non li vediamo come minacce per i nostri portafogli ma la maggior parte di loro sta soltanto cogliendo le opportunità che la stazione offre, come ci spiegano le nostre guide.

Saliamo di nuovo a livello stradale e, seguendo la nostra guida sonora, entriamo nel fast food della nota catena americana, saliamo al piano superiore ed è come se vedessimo i nostri amici africani quando anche loro si concedono un viaggio di svago proprio come noi, per andare magari da amici a Firenze, e si siedono a vista del tabellone luminoso delle partenze con il loro telefono in carica, l’aranciata e il panino per il viaggio, pregustando la vacanza.

La passeggiata non ha avuto intoppi, anche perché i tre ragazzi immigrati ci seguivano a distanza, come angeli custodi pronti ad intervenire qualora fraintendessimo le indicazioni di percorso. In una cinquantina di minuti abbiamo completato il giro e i gruppetti alla spicciolata si sono compattati presso le mura serviane, dove i camminatori hanno potuto, finalmente, parlare, sollecitati ad esprimere le impressioni riportate.

Mi è piaciuto e ve lo consiglio (sul sito dell’associazione trovate il fitto calendario delle passeggiate che organizzano anche in altre zone di Roma): sono stata condotta a guardare ciò che nemmeno vedevo (luoghi e persone) attraverso una modalità originale, che mi ha impegnata all’attenzione e all’ascolto, costringendomi ad una forte concentrazione per estraniarmi dal contesto caotico e focalizzare i luoghi minimi di quel breve tragitto. Esprimendo, infine, un giudizio sulla qualità del testo audio prodotto dal laboratorio dei giovani immigrati, non posso che dire che è equilibrato nella mescolanza delle storie, tutte originali, esatto nella scansione dei tempi, impeccabile nel montaggio, che alterna indicazioni di percorso, racconti e musiche. A detta dei presenti che hanno partecipato anche a precedenti passeggiate dell’associazione, il prodotto più maturo del laboratorio.Tornata a casa, a proposito di ciò che cade nel nostro campo visivo senza che lo vediamo veramente (per esempio, proprio i nostri nuovi ospiti), mi sono chiesta se qualcuno, fra i tanti che aspettavano il tram, scendevano le scale verso la metropolitana, trascinavano la valigia verso l’accesso ai treni, affrontavano il loro panino con hamburger, si è accorto e si è chiesto qualcosa riguardo quei terzetti che si muovevano in silenzio, provvisti di auricolari, sostando sulla pensilina del tram ma senza salirvi, arrivando fino all’uscita di via Marsala ma senza uscire, salendo al secondo piano di McDonald’s ma solo per guardare il tabellone della galleria. E se se lo è chiesto, che cosa si è risposto?

Marina M.

Leave a Comment