newsletter: Viva la curiosita

14 – Gli anni del liceo all’Albertelli (1951-1954)


numero 23 – Newsletter dell’Associazione Arcoiristrekk –ottobre 2022


il liceo Pilo Albertelli

Il liceo Albertelli, il nome da uno dei martiri delle Fosse Ardeatine, ma per noi studenti ancora Umberto 1°, era a due passi da S. Maria Maggiore; quindi, in zona di Roma non di alta o buona borghesia. Alcuni professori erano notoriamente comunisti: Corigliano (italiano), Manacorda (storia) – mentre un tal Giovannella, in qualità di vice-preside, ci insegnava soltanto filosofia con la “dettatura di appunti”; comunista era anche la Serra (scienze); la quale, appurato che io ignoravo monumenti caratteristici della romanità, mi diede appuntamento per la prima domenica in calendario e, a escursione ultimata, mi suggerì caldamente di proseguire in seguito da solo. Non ricordo se ebbi a mente questo episodio tanti anni dopo, quando nel centro anziani, dove sono stato anche presidente per due mandati, condussi gli iscritti che lo desideravano in visite guidate al centro storico.

Il prof Giuliano Manacorda, che poi negli anni post-laurea mi avviò alla critica letteraria, al primo appello dalla cattedra sottolineò con un certo sarcastico disappunto che cinque o sei di noi provenivano da un ginnasio di preti (una gaffe che poi gli rimproverammo), Corigliano faceva le sue lezioni senza alcun rapporto con noi studenti. Forse malato, fu poi sostituito da un supplente, che per somma deferenza denominavamo “er cachetta”. Perché? Alle interrogazioni andavamo con il quaderno dei suoi appunti che appoggiamo sulla cattedra e leggevamo spudoratamente; quando ci capitava di copiare un tema, non lo rilevava ma lo giudicava “generico”, voto cinque.

La professoressa di matematica – con nostalgie fasciste – era maternamente invaghita del successo politico di un figlio in carriera politica con il MSI, il Movimento Sociale Italiano. Alla lavagna trascriveva esercizi lunghi e complicati, di cui illustrava lo svolgimento, ma poi a un certo punto cancellava tutto, perché il risultato non le veniva; e noi pronti a sghignazzare.

A proposito di orientamento politico, ricordo che una volta facemmo le elezioni di classe; molti voti al pci, alcuni votarono psi, due voti andarono al partito socialdemocratico e uno era il mio: per me che venivo da famiglia democristiana era un passetto avanti; poi ne feci di più sostanziosi …

La Beltrami, prof di storia dell’arte, illustrava gli autori anche con voli pindarici: illustrando un portico non ricordo di quale monumento disse che “certi archi sembravano volteggiare con la leggerezza di un’ala di colomba”; ed era tutta soddisfatta, se queste espressioni poetiche gliele ripetevamo. Perciò, con intraprendenza commerciale, uno di noi (si chiamava Annibale Vasile) delle sue lezioni produceva copie dattiloscritte che ci vendeva a prezzi popolari. L’autore più avanti negli anni divenne un importante inviato Rai da Madrid (“Ed ecco a voi la viva voce dell’inviato ecc., ecc..”). Ma altri due compagni di classe negli anni divennero più famosi di me: Vittorio Sbardella e Giancarlo Armati. Sbardella negli anni di liceo era fascista fervente e la sua intemperanza politica “anticostituzionale” costrinse una volta il professor Corigliano a invocare l’intervento del Preside, anche lui fascista di fama, che perciò non venne di persona, ma mandò il vice-preside a redarguire Sbardella. Da adulto poi divenne un pezzo grosso della DC, con un epiteto esaltante: “Lo Squalo”; Armati nei ruggenti anni settanta appresi che faceva il giudice a Roma.

Nunzio Cossu, prof di latino e greco assai rinomato (era stato anche un “Premio Amsterdam” di poesia latina) ci teneva sempre a debita distanza, cosicché noi studenti una volta, era un giorno di pioggia, lo ripagammo schierando negli attaccapanni posti all’ingresso dell’aula tutti i nostri ombrelli neri. Quando entrò in classe li fissò, si recò in cattedra e dopo qualche minuto di assoluto silenzio ci augurò di essere in seguito persone con la schiena dritta, come lui era stato: sapemmo così che per non aver giurato fedeltà al Fascismo per alcuni anni aveva lasciato l’insegnamento. Tutto lodevole, ma il suo rapporto con la classe restava negativo.


Orotelli, paese di nascita di Cossu, in provincia di Nuoro, gli ha dedicato la biblioteca comunale

Faceva lezione il Cossu anche quando suonava la campanella della ricreazione; si fermava un momento dicendoci “chi preferisce i profluvi dei bagni si accomodi”; io una volta uscii, seguito poi alla spicciolata dagli altri; al rientro mi chiamò e mi chiese cosa intendessi fare dopo la maturità e io con malcelata provocazione risposi “lettere”; lui mi fissò, un po’ stupito, ma – mi parve – anche con uno sguardo fuggevole un po’ compiaciuto, e mi disse: “ma lo sa che io credevo facesse il mercadante?”.

Noi del corso D eravamo una classe di soli maschi; le ragazze le incontravamo nei corridoi durante la ricreazione e io ne avevo preso di mira – e me n’ero invaghito – una della prima B, che poi ho scelto come protagonista nel racconto che segue …

Gualtiero

(n.d.r.: il seguito del racconto nel numero di dicembre)

1 Comments

Leave a Comment