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20 – Gli anni settanta: un’assemblea dell’Autonomia


numero 28 – Newsletter dell’Associazione Arcoiristrekk –agosto 2023


una manifestazione dell’Autonomia

Roma, un’assemblea politica; sembra di stare allo stadio. Il Teatro Centrale è pieno come un uovo. Nella fila dietro a me due ragazzotti altercano. Motivo: chi è che ha fatto strigne de ppiù er culo a quer frocio der preside. Così, vengo a sapere che un gruppo, politico s’intende, di studenti lo ha sgomitato dal corridoio fino in presidenza, dove è stato costretto ad ascoltare un comunicato del ‘collettivo di studenti comunisti’, sottinteso, per la rivoluzione. Un secondo gruppo, anche questo comunista, ma più militarizzato, gli ha squarciato le gomme e preso a martellate la carrozzeria della macchina ‘a quer lacchè der capitale’; poi, sono penetrati, giovani uomini mascherati, in sala professori, distruggendo registri e compiti in classe, supremi simboli del Potere; hanno anche tagliato i fili telefonici, per ritardare l’arrivo della polizia, braccio armato dello Stato. Raccontano i fatti, come se stessero a descrivere (e rivivere) l’ultimo scontro Roma-Lazio.

Quando, esauriti i posti a sedere, i compagni in piedi hanno riempito ogni mattonella libera, la manifestazione può cominciare. Chi presiede grida stentoreo: “L’hamo indetta pe’ esprime solidarietà incondizionata, attiva, e qualificata” (tutte parole allusive, un po’ lugubri).

– Va’ ar sodo – commenta, impaziente, uno dei due ragazzotti dietro a me; mi rigiro e lo guardo stizzito, come per dirgli “ma la vòi finì?”. Fischi ricoprono l’annuncio che anche il vicesindaco ha espresso solidarietà. A proposito, il presidente a nome di tutta l’assemblea esprime solidarietà a Onda Rossa, l’emittente degli autonomi, che il regime vuole soffocare.

Il primo intervento è di un professore universitario (l’avanguardia rivoluzionaria). Dietro a me, trascorsi alcuni minuti urla il più tozzo dei due: “Ma falla finita” e lo apostrofo, finalmente, con tono fermo: “Ma mica è il tuo preside quello”. Risponde: E ‘sti cazzi?”. Il relatore procede senza filarselo, l’autonomo tozzo; io, intanto, scruto il profilo del professore, rosso e lentigginoso: Ma certo! – e sciolgo il dilemma: rassomiglia tutto a Woody Allen. Al ventesimo minuto della relazione, un centinaio di arbitri, muniti di fischietti, che si erano assiepati nella corsia centrale, fischiano e vociano: “basta, mo’ hai rotto; scemoooooo! Ma Woody Allen va avanti, inseguendo il filo di una razionalità un po’ fredda, che mi piace. Insiste su un concetto: Magistratura Democratica è uno spazio vitale fra terrorismo di Stato e terrorismo brigatista; è questo spazio che l’iniziativa del giudice Vitalone, con la denuncia dei sei magistrati democratici, conniventi a suo parere con l’autonomia, vuole soffocare. Dietro di me uno dei due urla “A pacifico!”, si guarda intorno soddisfatto e prosegue in tono minore: “Ma va’ a fa’ la spesa”, battuta che a tanti è piaciuta, se adesso esplode una gazzarra soddisfatta.

L’intervento successivo è di un compagno di una “radio democratica” che pur esprimendo solidarietà ad Onda Rossa dice che non ci deve essere alcuna indulgenza coi cosiddetti compagni che sbagliano, quelli della violenza contro lo Stato e i suoi rappresentanti. Uno degli arbitri lo apostrofa gridando “a solidale!”, ma la stragrande maggioranza dei presenti segue attenta e silenziosa i suoi ragionamenti.

Quando, finalmente, parla quello di Onda Rossa, gli arbitri sono tutti sfacciatamente per lui e pure i ragazzotti dietro a me si uniscono al gruppo, che sottolinea con risate rumorose i passaggi più ironici, come quello che definisce Cossiga “uno stronzetto che ce cachicchia ar cazzo”; e io un po’ rabbrividisco. Un altro concetto sul quale insiste  è che, se manca una risposta militante, “ve leveranno pure la ssedia che ciavete sotto ar culo: l’allusione al pacifismo che in sala si avverte maggioritario è pesante; e qui Onda Rossa chiude.

A questo punto il presidente annuncia l’intervento del vicesindaco, ma, pronti, gli arbitri urlano “Ma che stai a scherzà?”. Il clima si surriscalda: in sala, sulle fasce laterali, si profila subito un arbitraggio alternativo, sono compagni di democrazia proletaria che conosco, e sono molto più numerosi degli altri: per loro l’intervento del vicesindaco si deve fare, e “niente provocazioni” aggiungono con toni che non ammettono repliche. Tempesta in vista?

In previsione del peggio, che altre volte si è verificato (e qui il doppio arbitraggio non collabora come al basket), allungo lo sguardo all’uscita, che mi sembra troppo lontana, irraggiungibile; inutile pensarci. Luciana, l’amica che mi è accanto, mi stringe forte la mano: un attacco di claustrofobia; o, forse, è paura.

Mentre il vicesindaco parla e non si sente niente, le due squadre di arbitri in platea urlano, se le promettono; ma, fortunatamente per noi, non se le danno; sennò saremmo rimasti incastrati nella bolgia. Grazie al cielo, l’assemblea si chiude senza incidenti. Fuori del teatro poliziotti in divisa, ma anche in borghese (e facilmente riconoscibili da occhi esperti), frugano, ma solo con gli sguardi, nelle nostre tasche e nella borsetta della mia amica, che intanto sta ritrovando i colori e la voce.

La chiudo qui coi miei racconti autobiografici, osservando che a quei tempi mi chiedevo: Dove sta andando la politica? E oggi non siamo in grado di opporre alla Destra… un’Opposizione Unita. Ahinoi!

Gualtiero

1 Comments

  1. Grazie Gualtiero:hai allargato il mio sguardo da “provinciale” sulle vicende di quel periodo. Un abbraccio

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