newsletter: Taccuino di viaggio

Dalle parti di Tolfa una giornata d’inverno


numero 9 – Newsletter dell’Associazione Arcoiristrekk – giugno 2020


resti del tempio etrusco di Grasceta dei Cavallari

Vi suggerisco una semplice e breve escursione non lontana da Roma, adatta anche per una giornata d’inverno. Il dislivello è di 200 mt. in salita e altrettanti in discesa.

Per arrivare: GRA, autostrada per Civitavecchia, uscita Santa Severa-Santa Marinella, girare subito a destra, immettendosi sulla provinciale 3/b e proseguendo per Tolfa. Attraversato il centro del paese (Piazza Vittorio Veneto, due bar), si prosegue per via Roma (pasticceria … buona per il ritorno), poi si scende a sinistra per via del Marano e dopo circa un km. si può parcheggiare sulla sinistra, da dove parte il sentiero.

In realtà, si tratta di una comoda strada sterrata su cui si avanza senza eccessi di segnaletica (del tutto assenti le strisce bianche e rosse ma davvero non c’è rischio di perdersi) ma con le giuste indicazioni, in giallo, ai bivi.

A noi è capitato di percorrerla in una luminosa e calda giornata dell’anomalo febbraio 2019.

La prima sosta è presso i ruderi del tempio etrusco-romano in località Grasceta dei Cavallari. Il toponimo deriva da un termine latino tardo che indica un terreno coltivato a fieno. Del tempio restano le basi del muro perimetrale e della cella nonché le basi delle colonne; rimangono, inoltre le basi delle mura di un edificio di servizio e di un locale destinato con ogni probabilità a banchetti rituali fra ambascerie di popoli confinanti (la struttura templare si trova sul valico fra i territori di Cere e Tarquinia). Il tempio fu scoperto per caso all’inizio di lavori edilizi, quando fu ritrovata un’antefissa di terracotta; gli scavi degli anni ’50 e poi del 1984 portarono al ritrovamento di oggetti bronzei di forma anatomica, ex-voto che testimoniano che qui aveva sede un culto salutare e che sono attualmente conservati nel museo di Tolfa (che noi non abbiamo visitato). Il luogo versa in un certo stato di abbandono; non ci sono rifiuti ma l’erba ha preso il sopravvento e non vi è traccia di cartelli esplicativi. E non tutti hanno la fortuna che abbiamo avuto noi di essere accompagnati da un archeologo. Basterebbe davvero così poco per valorizzare il sito!

Dal valico si potrebbe scendere a sinistra, seguendo la freccia che indica “Cerro bello” ma i nostri compagni di passeggiata non sono intenzionati ad aggiungere 5 km. per vedere un sia pur maestoso albero di cerro. Perciò prendiamo a destra verso l’abbazia di Monte Piantangeli.

Sul cammino la primavera anticipata si manifesta con fiori di croco e bucaneve, mentre un branco di cavalli pascola quietamente al bordo del sentiero, offrendosi, fanatici, all’obiettivo dei telefonini subito pronti.

Arriviamo agevolmente ai resti dell’abbazia (s’ignora a chi intitolata), nata in epoca carolingia su preesistenze pagane e poi passata ai Templari, che la possedettero fino ai tempi della persecuzione contro di loro, quando l’ordine fu cacciato, l’edificio incendiato e il sito mai più abitato. C’è anche una leggenda che avvolge il luogo: a mezzanotte del 18 marzo di ogni anno, nell’anniversario della morte sul rogo di Jacques De Molay, ultimo Gran Maestro, si materializzerebbe fra le pietre rimaste una processione di spettri con torce accese. Dell’abbazia, posta su un rilievo, rimangono i muri perimetrali e parte delle basi delle colonne che separavano le tre navate, ciascuna absidata. Sulle pendici della collina frammenti di laterizio sono le sole testimonianze del borgo che sorgeva ai piedi dell’abbazia.

Entrati nell’abbazia, si sale facilmente sulla parete destra, seminterrata, e ci si affaccia su un notevole panorama, avendo a sinistra il lago di Bracciano e sotto la balconata naturale la valle del Mignone. Il posto è ideale per fare uno spuntino e rilassarsi al sole.

Il ritorno che abbiamo fatto è per la stessa strada ma è possibile anche un percorso ad anello, di cui su Internet si trova la descrizione.

torrione della Rocca di Tolfa

Ripresa la macchina e tornati in paese, non si poteva non salire, per le stradine a gradini del centro storico, alla Rocca dei Frangipane, da cui si gode di un panorama circolare. Ci ha detto bene perché pare che la Rocca non sia sempre aperta. Della Rocca rimangono il mastio cilindrico, parte delle mura merlate e alcuni ambienti che fanno ritenere che l’edificio centrale fosse alto almeno tre piani. Quel poco che rimane è di una suggestione straordinaria, in specie con la luce dorata del pomeriggio. Accanto alla Rocca, la chiesetta della Madonna della Rocca, il cui primo impianto è del IX sec. La chiesa non era visitabile ma, dal portone tenuto appositamente aperto, attraverso una cancellata si poteva osservare l’interno, purtroppo senza poter vedere bene la tela con una Deposizione attribuita ai Carracci.

Anche in inverno, se ci andate di sabato forse è meglio. Perché di domenica al ritorno, prima in autostrada e poi sul GRA, si sono aggiunti a noi tutti quelli che erano andati a mangiare il pesce a Fiumicino, e poi tutti quelli che erano andati a mangiarlo a Ostia.

Marina M.

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